Una interpretazione letterale quella fornita dalla Corte di Cassazione nella sentenza 17 marzo 2016, n. 5361 in relazione al comma 7 dell’articolo 12 dello statuto del contribuente (L. 212/2000). Ovvero la norma che nella lettura delle Sezioni Unite (n. 19667 del 18 settembre 2014) ha funzione di garanzia del contraddittorio in sede di verifica e che prevede, a tal fine che l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima del termine di sessanta giorni concesso per le osservazioni del contribuente sul p.v.c.
Nel caso specifico l’atto di accertamento era stato emesso prima dei sessanta giorni anche se era stato notificato al contribuente dopo tale termine. Ma il giudice di appello, attenendosi alla lettera del termine “emanato” aveva annullato l’accertamento per violazione della norma in questione.
L’Agenzia nel ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 c.7 l. n. 212/2000. Deduce che ai fini del rispetto del termine dilatorio indicato dalla disposizione anzidetta occorre fare riferimento alla data in cui l’atto di accertamento viene portato a conoscenza del contribuente, a nulla rilevando l’epoca di emissione dello stesso, peraltro non risultando che il contribuente avesse fatto pervenire all’ufficio alcuna memoria difensiva tra la data di emissione e quella di notifica dell’avviso.
Ma per la Cassazione la censura è manifestamente infondata. La stessa corte ha infatti già recentemente chiarito, con sentenza n. 11088/2015 che la violazione del contraddittorio endoprocedimentale garantito dall’art. 12 c.7 I. n. 212/2000 sussiste quando l’avviso di accertamento risulta emesso prima della scadenza dei sessanta giorni dalla data del rilascio del processo verbale di constatazione indipendentemente dalla circostanza che la notifica sia avvenuta successivamente.
In questa direzione è da leggere la disposizione di cui all’art. 12, comma 7 della L. 212/2000 che non può essere intesa come equivalente a “può essere notificato o, comunque, altrimenti portato a conoscenza legale del contribuente”. A tali conclusioni si giunge per due ordini di considerazioni. In primo luogo perché la notificazione è una mera condizione di efficacia, e non un elemento costitutivo, dell’atto amministrativo di imposizione tributaria. In secondo luogo, perché …la norma in esame tende a garantire il contraddittorio procedimentale, ossia a consentire al contribuente di far valere le proprie ragioni nel momento stesso in cui la volontà impositiva si forma quando l’atto impositivo è ancora in itinere. Ne consegue che l’Ufficio deve attendere il decorso del termine previsto dalla legge per la formulazione delle osservazioni e richieste del contribuente, prima di chiudere il procedimento di formazione dell’atto, ossia prima che lo stesso venga redatto in forma definitiva e, quindi, datato e sottoscritto dal funzionario che ha il potere di adottarlo; vale a dire, come appunto la legge recita, venga “emanato “.