Non mancano negli ultimi anni le pronunce in tema di grave scostamento tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli risultanti dagli studi di settore, richiesto dall’articolo 10 L. 146/1998 e richiamante l’articolo 62-sexies D.L. 331/1993. Ciò nel senso a) che la procedura costituisce uno strumento ulteriore rispetto all’accertamento di cui all’articolo 39 D.P.R. 600/1973, in quanto indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili e b) che la predetta procedura non è intaccata dal successivo articolo 10 L. 146/1998, secondo i Giudici, restando pertanto in essere i criteri della vecchia norma.
Secondo questa lettura, infatti, la regola successiva, di carattere speciale, anche senza richiamare espressamente il requisito della gravità dello scostamento atto a motivare il ricorso agli studi di settore, opererebbe un rinvio recettizio all’articolo 62-sexies D.L. 331/1993, disposizione di carattere generale ed anteriore rispetto ad essa. Quindi l’articolo 62-sexies D.L. 331/1993 viene assorbito nell’articolo 10 L. 146/1998, e pertanto al fine di attivare l’accertamento mediante studi di settore, occorrerebbe la sussistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore. Una piccola entità dello scostamento tra i ricavi dichiarati e le risultanze dello studio, secondo questa lettura, determina quindi la carenza della grave incongruenza richiesta dalla disciplina positiva.
Tale ricostruzione, consolidata come detto da tempo nella giurisprudenza della Corte, acquisisce qualche riferimento ulteriore nella Ordinanza 29 marzo 2019, n. 8855 della Sezione Tributaria (Pres. Cirillo, Rel. D’Orazio).
La Corte rammenta come nella propria giurisprudenza sono stati riconosciuti scostamenti solo lievi, e quindi inidonei alla rettifica dei redditi quelli del 4,23% (Cass., 14 luglio 2017, n. 17486), del 7% (Cass., 26 settembre 2014, n. 20414), del 10% (Cass., 2637/2019), del 21% (Cass., 10 novembre 2015, n. 22946), con la precisazione che la nozione di “grave incongruenza” non può essere ricavata avendo riguardo in via assoluta a precise soglie quantitative fisse di scostamento, essendo, invece, la nozione di indici di natura relativa da adattare a plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della stessa storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività.
Pertanto, al fine di individuare divergenze significative tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dagli studi di settore, si può anche fare riferimento all’art. 2 comma 1 lettera a del d.p.r. 16-9-1996, n. 570 (“regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attività di impresa, arti e professioni”), il quale dispone: “ai medesimi fini indicati nel comma 1, le contraddizioni tra le scritture obbligatorie e i dati e gli elementi direttamente rilevati si considerano gravi e rendono altresì inattendibile la contabilità ordinaria degli esercenti attività di impresa, quando: a)i valori rilevati a seguito di ispezioni o verifiche , anche parziali…abbiano uno scostamento, rispetto a quelli indicati in contabilità, superiore al 10 per cento del valore complessivo delle voci interessate, a condizione che tale scostamento non sia riconducibile a errata applicazione dei criteri di valutazione ovvero di imputazione temporale”.
Analogamente al comma 2 lettera b) dell’art. 1 del d.p.r. 570/1996, si prevede che “tali contraddizioni” si considerano “gravi” quando “non risultano indicati in alcuna delle scritture contabili o, in mancanza dell’obbligo di indicazione nelle stesse, in altra documentazione attendibile, uno o più beni strumentali…il cui valore complessivo sia superiore al 10 per cento di quello di tutti i beni strumentali utilizzati…”.
Nel caso analizzato, lo scostamento tra l’importo dei ricavi dichiarati dalla società e quelli calcolati in base agli studi di settore è del 4,73%. Tale scostamento per la Corte risulta molto modesto, soprattutto in relazione all’ammontare dei ricavi dichiarati pari ad € 3.966.238,00 a fronte della somma di € 4.163.262,00 accertati in base agli studi di settore, sicchè non si è verificata una divergenza significativa tale da giustificare l’emissione dell’avviso di accertamento.