“In tema di contraddittorio e di poteri del giudice tributario, non sussiste alcuna lesione del diritto di difesa per il solo fatto che la ripresa ad imposizione contenuta nell’avviso di accertamento sia per importi superiori a quelli oggetto del prodromico processo verbale di constatazione, in quanto l’atto impositivo non dipende necessariamente dal p.v.c., perché solo in esso si esterna ciò che viene constatato ed accertato dall’amministrazione finanziaria, ed è al rispetto del contenuto dell’atto impositivo che è tenuto il giudice tributario”.
Questo è il principio di diritto enunciato nella Ordinanza 18 maggio 2019, n. 13490 della VI Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Luciotti, Rel. Gori).
La Corte respinge al riguardo la deduzione di parte contribuente secondo la quale con l’avviso di accertamento l’amministrazione finanziaria non avrebbe potuto recuperare ad imposizione somme maggiori di quelle risultanti dai p.v.c. senza previo contraddittorio sul punto per consentirgli di giustificare le movimentazioni via via contestategli ex art. 32 del DPR 600/73. Infatti, secondo la sezione filtro, premesso che non esiste nel sistema un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale, che nel caso di specie si verte in materia di accertamento a tavolino e che, anche per le imposte armonizzate, sussiste un onere di dimostrare in che misura il contraddittorio avrebbe consentito un esito diverso (v., mutatis mutandis, Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 701 del 15/01/2019), l’avviso di accertamento è atto non necessariamente dipendente dal contenuto del p.v.c., perché in esso, atto impositivo, si esterna ciò che viene constatato ed accertato dall’amministrazione finanziaria, ed è al rispetto del contenuto dell’atto impositivo che è tenuto lo stesso giudice tributario. Pertanto, ben poteva l’Amministrazione procedere al recupero ad imposizione di importi in misura maggiore di quelli risultanti dal p.v.c., in quanto questi non necessariamente devono coincidere con quelli riportati nel successivo avviso di accertamento e, a maggior ragione, il p.v.c. non circoscrive i poteri del giudice tributario.
Si può osservare che da un punto di vista logico se è vero che le argomentazioni del pvc non necessariamente devono essere trasposte nell’accertamento, può essere vero anche il contrario. Ovvero che l’atto impositivo può considerare elementi non verbalizzati. Da un punto di vista normativo però non va dimenticato che è ancora vigente l’articolo 24 della Legge del 07/01/1929 n. 4 per cui “Le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale”. E’ allora possibile che se una norma impone la constatazione con verbale e tale constatazione è avvenuta per un certo importo si possa poi alzare il recupero senza altra constatazione? I nostri lettori potranno esprimersi in proposito.
L’accertamento era basato su indagini finanziarie. E la giurisprudenza ritiene in tale ambito (tributi armonizzati a parte) il contraddittorio preventivo non tassativamente obbligatorio. Le tutele riteniamo continuino a sussistere nelle verifiche in azienda nelle quali opera l’articolo 12 comma 7 dello Statuto, oltre che in ambito di tributi armonizzati, appunto.