Il quarto comma dell’articolo 37-bis del DPR 600/73 prevedeva, nel caso di operazioni elusive, che:
“L’avviso di accertamento e’ emanato, a pena di nullita’, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2”.
Cioé la vecchia disposizione antielusiva, di cui si occupa la Corte di Cassazione nella sentenza 23854 del 25 settembre 2019 della Sezione Tributaria (Pres. Locatelli, Rel. Condello) prevedeva per gli accertamenti fondati su tale regola, una rituale fase di contraddittorio preventivo.
Oggi il nuovo articolo 10-bis dello “Statuto” prevede, al comma sesto, che “Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto”.
Il procedimento, come è facile capire, è assai simile. Ringraziamo anzi il Dott. Semeraro, autore di un pregevole commento, di averci segnalato la somiglianza in una rapida conversazione “social”.
La questione, posta all’attenzione della Cassazione in riferimento alla norma preesistente, quindi, diventa importante per le possibili implicazioni che ha sulle regole più recenti.
E la Corte al riguardo osserva: “E’ ben vero che l’art. 37-bis, quarto comma, del d.P.R. n. 600/1973 – il quale stabilisce che « l’avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2» – prevede un rigoroso procedimento d’instaurazione del contraddittorio, caratterizzato da scansioni predeterminate, in cui, a pena di nullità, l’avviso di accertamento deve essere emanato previa richiesta di chiarimenti al contribuente e deve essere specificamente motivato in relazione alle giustificazioni fornite (Cass. n. 2239 del 30/01/2018; Cass. n. 30770 del 28/11/2018)”.
Ma, dopo questa premessa di rigore, si afferma: “Tuttavia, nel caso in esame, il diritto al contraddittorio risulta essere stato rispettato, proprio sulla base di quanto allegato dalla stessa parte ricorrente, attraverso la partecipazione della società contribuente alla contestazione esposta nei suoi confronti all’interno del processo verbale di constatazione che ha preceduto l’emissione degli avvisi di accertamento. Infatti, come dedotto dalla stessa contribuente in ricorso (pag. 23), la società – a fronte della contestazione del carattere elusivo della operazione che l’Ufficio assumeva fosse stato conseguito mediante la stipula del contratto di locazione concluso con la controllante Enerimpianti s.r.l. che prevedeva canoni eccessivi e «fuori mercato» che consentivano alla stessa controllante di superare il cd. “test di operatività” e di ottenere la condizione di “società operativa” – ha presentato osservazioni che sono state riportate sul processo verbale di constatazione, sicchè non può ritenersi che la contribuente abbia subito un pregiudizio al diritto di difesa, né che sia mancato un preventivo contraddittorio endoprocedimentale”.
Cioé la richiesta di chiarimenti da inviare al contribuente anche per raccomandata e con un tempo di sessanta giorni per le osservazioni, previsto a pena di nullità, viene sostituita da una contestazione contenuta in un verbale relativamente alla quale sono state esposte, sul momento, delle argomentazioni a contrario.
E’ chiaro che l’elaborazione lascia molto perplessi. Al punto da generare allarme anche in ordine alla recente disposizione statutaria. Ma, è anche vero le le garanzie previste dalla vecchia e dalla nuova norma non sono identiche.
Nella prima si parla di “richiesta di chiarimenti” preventiva “anche per lettera raccomandata”. L’altra prevede espressamente una “notifica”.
La vecchia norma come sappiamo nasce solo in ambito di elusione (assimilabile all’abuso del diritto secondo Corte Costituzionale 132/2015, anche se Cass. SSUU 24283/2015 dirà che non è questo il senso della sentenza citata) mentre la nuova istituisce una regola che vale espressamente (per rubricazione stessa della norma) per l’una e per l’altra fattispecie.
Ciò premesso una “richiesta di chiarimenti” da inviare per iscritto è cosa diversa da una contestazione contenuta in un verbale. Ci pare di poter dire quindi che la sentenza sia sbagliata e contraddica un orientamento più rigoroso della Corte stessa (701/2019 a titolo di importante precedente).
Crediamo tuttavia che le preoccupazioni di taluni autori riguardo la tenuta della nuova disposizione antielusiva e antiabusiva siano forse eccessive, proprio considerato il maggior rigore procedimentale e la maggiore ampiezza della regola più recente. Rimane la lettura di ordine generale, declinata dalle Sezioni Unite del 9 dicembre 2015 in avanti, per cui la disposizione interna che prevede la pena di nullità per l’atto impositivo in caso di mancato contraddittorio si applica sempre e fuori dai principi di derivazione eurounitaria. Quindi, per fare un esempio, niente prova di resistenza, che sappiamo viene dalle regole della Carta di Nizza come coniugate dalla Corte UE.
Nel caso specifico va detto che il ricorso della contribuente viene accolto con riguardo alla omessa motivazione proprio in ordine alle difese della parte in sulle ragioni addotte in relazione alla contestata elusione.