La Corte di Cassazione, sezione Tributaria, con la sentenza n. 25250 depositata il 9 ottobre 2019 (Pres. Chindemi, Rel. Doriano), ha accolto un motivo di ricorso presentato dal contribuente fondato sulla violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per l’omessa pronuncia sulla richiesta di sospensione del processo per pregiudizialità della lite concernente l’accertamento catastale, pendente in sede di legittimità, la cui definizione costituiva, per il ricorrente, il presupposto logico del giudizio sull’ICI.
Secondo la Corte tra la controversia che oppone il contribuente all’Agenzia del territorio in ordine all’impugnazione della rendita catastale attribuita ad un immobile e la controversia, che oppone lo stesso contribuente al Comune, avente ad oggetto l’impugnazione della liquidazione dell’ICI gravante sull’immobile cui sia stata attribuita la rendita contestata sussiste indubbiamente un rapporto di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico che impone la sospensione del secondo giudizio, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., fino alla definizione del primo con autorità di giudicato, in quanto la decisione sulla determinazione della rendita si riflette necessariamente, condizionandola, sulla decisione sulla liquidazione dell’imposta (cfr. Cass. n. 421 del 2014; n. 25678 del 2008; n. 9203 del 2007; n. 13082 e n. 26380 del 2006).
Il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 39, che limita i casi di sospensione del giudizio tributario all’eventualità sia presentata querela di falso o debba essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, va interpretato infatti nel senso che esso disciplina i rapporti esterni con la giurisdizione civile, ma non anche i rapporti interni tra processi tributari, per i quali valgono le disposizioni del c.p.c., tra cui l’art. 295 c.p.c. (Vedi Cass. n. 17937 del 2004 e n. 3420 del 2005).