Le quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare, elaborate dall’Agenzia del Territorio, esprimono solo valori di larga massima e da soli non possono supportare un accertamento di valore. Lo precisa la sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella sentenza 17 ottobre 2019 n. 26376 (Pres. Chindemi, Rel. Mondini).
La questione non è nuova, ma appare da sottolineare la chiarezza sul punto da parte della Suprema Corte: “le quotazioni OMI solo solo uno strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, idoneo a condurre ad indicazioni di valori di larga massima (Cass. ord. n. 25707 del 21/12/2015); i giudici di appello avrebbero dovuto annullare l’avviso in quanto fondato esclusivamente sulle quotazioni OMI e non procedere alla rideterminazione del valore delle porzioni immobiliari compravendute tenendo comunque fermo, come valore di base, quello ritratto dalle suddette quotazioni”.
Il ricorso dei contribuenti viene pertanto accolto quanto alla specifica eccezione fondata sulla falsa applicazione dell’art.51 d.P.R. 131/1986 “per avere i giudici di appello avallato l’operato dell’ufficio ritenendo di poter rettificare il valore dichiarato nel contratto di vendita, sulla base, esclusivamente, del valore ritratto dalle quotazioni OMI”.