Nella pratica commerciale corrente si verificano casi in cui vengono corrisposte delle somme in occasione di particolari eventi. E può risultare controversa (o almeno, nel caso specifico, lo è stata, visto il consolidarsi dell’orientamento di cui riferiamo) la natura e la conseguente imposizione tributaria relativa a tali pagamenti.
Parliamo nello specifico della indennità per la perdita di avviamento prevista dall’art. 34 della l. n. 392/78, norma per la quale il conduttore di un locale ad uso commerciale ha diritto ad una indennità, appunto, in caso di cessazione del rapporto di locazione non dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore stesso o a una delle procedure di cui al regio decreto n. 267/1942.
Con tale norma si cerca di tutelare il conduttore rispetto alle conseguenze negative della disdetta del contratto di locazione da parte del locatore e al tempo stesso a disincentivare il locatore stesso dal recesso anticipato.
Ci si chiede se tale indennità sia da assoggettare ad IVA poiché percepita comunque nell’esercizio di una attività commerciale. Le norme che si potrebbero applicare al caso specifico sono due, quanto al presupposto oggettivo, e tali da condurre a risultati tra loro opposti.
La prima è l’articolo 3 del decreto IVA per cui “Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”.
In questo contesto se si vedesse l’impegno al rilascio anticipato da parte del conduttore come una obbligazione di fare (o permettere) avremmo che l’indennità predetta avrebbe natura di corrispettivo per una prestazione di servizi.
L’altra regola è invece quella contenuta all’articolo 15 per cui “Non concorrono a formare la base imponibile: 1) le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità…”. Una corresponsione, quindi, non sinallagmatica e legata solo ad un indennizzo non avrebbe imponibilità IVA.
L’ordinanza n. 29180, depositata il 12 novembre 2019, della sezione tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. D’Aquino), confermando l’orientamento consolidato, propende per la seconda soluzione.
Per la Corte infatti l’indennità per la perdita di avviamento non è legata a una prestazione, anche non caratteristica, del conduttore a svolgersi in costanza di rapporto, ma consegue al mero rilascio dei locali e, quindi, alla cessazione degli effetti del contratto. Essa è, inoltre, finalizzata a compensare la perdita di clientela del conduttore (spostando dal locatore al conduttore alcune delle risorse incorporate nel valore locatizio non dovute alla natura dell’immobile locato). Deve quindi escludersi che vi sia un nesso diretto tra il servizio contrattuale reso (la messa a disposizione dei locali) e il controvalore ricevuto (l’indennità). La riconducibilità dell’erogazione dell’indennità alla necessità di riequilibrare in termini compensativi l’incremento di valore causato all’immobile ne esclude la natura corrispettiva. Tale indennità ha, difatti, lo scopo di ripristinare l’equilibrio degli effetti dello scioglimento contrattuale, attraverso una prestazione pecuniaria da parte del soggetto arricchito dall’incremento del valore locativo (il locatore), in favore proprio del soggetto che ha contribuito a generarlo e che si trova a fronteggiare una perdita di clientela legata proprio alla indisponibilità dei locali.
Viene, pertanto, confermata la giurisprudenza della Corte, secondo cui l’indennità per perdita dell’avviamento di cui all’art. 34 I. n. 392/1978 non costituisce corrispettivo del contratto di locazione e rientra tra le somme dovute a titolo di risarcimento del danno, penalità, ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi contrattuali di cui all’art. 15 d.P.R. n. 633/1972, le quali non concorrono a formare la base imponibile IVA (Cass., Sez. III, 7 giugno 2006, n. 13345, cit.; Cass., Sez. III, 11 luglio 2006, n. 15721; Cass., Sez. III, 29 maggio 2012, n. 8559).