Con l’ordinanza n. 7301 del 16 marzo 2020 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. Antezza) afferma nuovamente il consolidato principio di diritto secondo il quale è affetta da nullità la sentenza d’appello motivata in adesione e per relationem a quella di primo grado.
L’art. 36 del D.Lgs 546/1992 stabilisce infatti, come del resto suggerito dal titolo stesso della norma e attraverso un elenco puntuale, gli elementi imprescindibili che devono formare il contenuto della sentenza; tra questi, comma 2 punto 4 del citato riferimento normativo, la ‘succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto’. Non è dunque richiesta la mera esistenza della motivazione, bensì, come inoltre statuito dall’art. 118 disp. att. c.p.c. (non escludendosi tuttavia anche in questo caso una forma pure succinta), l’esposizione ‘dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione’ nonché ‘concisamente e in ordine’ l’enunciazione di quelle che sono ‘le questioni discusse e decise dal collegio’ con indicazione delle ‘norme di legge e i principi di diritto applicati’. E’ dunque richiesto, pena di nullità ex art. 360 comma 1 n. 4 del c.p.c, che per potersi considerare legittima la sentenza contenga una motivazione tale per cui risulti possibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo.
Nel caso trattato, in particolare, la laconicità della sentenza della CTR che, nella parte motivata si risolveva sostanzialmente nell’assunto per il quale non risultavano «motivi tali da invalidare il giudizio dei primi giudici, che viene confermato», ha evidenziato, secondo quanto elaborato dal Giudice Supremo, una mera ed acritica adesione alla pronuncia impugnata non esplicitata nel suo fondamento logico-giuridico e tale da poter rendere operante un inidoneo rinvio per relationem.
Nei fatti una S.p.A. lombarda operante nel settore tessile dell’abbigliamento riceveva un avviso di accertamento col quale l’Agenzia recuperava a tassazione dei costi derivanti da fatture emesse da società aventi sede in Paesi a fiscalità privilegiata con annesse sanzioni. In entrambi i gradi del giudizio, provinciale e regionale, le pretese dell’ufficio venivano considerate legittime. La contribuente ricorreva tuttavia in Cassazione in ragione della mera apparenza motivazionale circa il fondamento del rigetto dell’appello concretizzantesi in una motivazione per relationem alla sentenza di primo grado.
Il Giudice di Legittimità, accogliendo il ricorso, cassando la sentenza e rinviando la questione alla commissione tributaria regionale competente in diversa composizione, ha dunque ribadito il principio di diritto secondo cui “In tema di processo tributario ed in termini generali, è difatti nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della Commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa”