La sezione Tributaria della Corte di Cassazione, nell’ordinanza 30 aprile 2020 n. 8430 (Pres. Stalla, Rel. Pepe) si occupa della questione concernente la possibilità, in materia di agevolazioni tributarie previste dal d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), e), della L. 7 marzo 2003, n. 38), per il socio in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) di attribuire quest’ultima ad un’unica società.
La Corte delinea un percorso motivazionale rigoroso che parte dalla legge n. 604 del 1954, la quale ha previsto delle agevolazioni tributarie per una serie di atti posti in essere per la formazione e per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina.
Tale disciplina è stata, poi, integrata da successivi provvedimenti legislativi che hanno, tra l’altro, prorogato i suddetti benefici originariamente stabiliti per gli atti stipulati fino al 20.3.1957.
La condizione soggettiva per l’applicazione delle agevolazioni è che l’acquirente, il permutante, l’enfiteuta, dedichi abitualmente la propria attività alla lavorazione della terra (art. 2 I. n. 604 del 1954) e che ciò sia attestato da un certificato dell’Ispettorato provinciale agrario competente per territorio (art 3 I. n. 604 del 1954). In sostanza, deve trattarsi di persona avente la qualifica di coltivatore diretto ossia di soggetto che direttamente e abitualmente si dedica alla coltivazione dei fondi o all’allevamento e al governo del bestiame (art. 31 I. n. 590 del 1955).
Per effetto degli artt. 1 e 2 d.lgs. n. 99 del 2004 le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta stabilite a favore delle persone fisiche in possesso di coltivatore diretto sono state riconosciute anche a favore dell’imprenditore agricolo professionale nonché delle società agricole in esso indicate.
In particolare, per effetto del d.lgs. n. 99 del 2004, si è voluta sviluppare la forma societaria nel mondo dell’agricoltura mediante la previsione della società agricola, la quale non costituisce una nuova forma societaria, bensì un adattamento di quelle già esistenti.
L’art 1, comma 1, del d.lgs. n. 99 del 2004 indica l’imprenditore agricolo professionale (IAP), in « (…) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio, dedichi alle attività agricole di cui all’ articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro», precisando il successivo comma 3 che si definiscono società agricole IAP le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, che abbiano all’interno della propria compagine societaria almeno uno IAP e, in particolare: nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di IAP (nelle S.a.s. la qualifica si riferisce ai soci accomandatari); nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore, che sia anche socio per le società cooperative, sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.
Il successivo comma 3-bis, introdotto con l’art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 101 del 2005, stabilisce che «la qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola società». Le società agricole possono, quindi, essere costituite nella forma di società di persone (società semplici, s.n.c. o s.a.s.), società di capitali (s.r.l. o s.p.a.) e cooperative, e per essere qualificate come tali devono essere sempre presenti tre requisiti: due, di carattere formale, riguardano il contenuto dell’atto costitutivo e dello statuto, mentre il terzo requisito, di natura sostanziale, riguarda le persone dei soci o degli amministratori.
Il primo requisito è che la sócietà deve avere come oggetto esclusivo l’esercizio dell’agricoltura e delle attività connesse ex art 2135 cc (art 2); il secondo è che esse devono qualificarsi come società agricola (art 2); il terzo si differenzia in base al modello societario prescelto, laddove nel caso di società di persone almeno uno dei soci deve essere in possesso della qualifica di IAP, diversamente, nel caso di società in accomandita semplice (s.a.s.) almeno un socio accomandatario deve essere qualificabile come IAP, mentre per nelle società di capitali deve possedere il requisito di IAP almeno un amministratore.
La disposizione in esame «presenta un campo di applicazione circoscritto alle società di capitali e non anche alle società di persone», confermando sul punto analoga precedente interpretazione da parte del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali.
Tale interpretazione è conforme alla ratio della norma, avendo il legislatore, con l’introduzione del comma 3-bis cit ad opera del d.lgs. n. 101 del 2005, voluto evitare che un soggetto in possesso della qualifica di IAP assumesse il ruolo di amministratore in più società di capitali con conseguente sfruttamento di tale tipologia societaria, dando così luogo al fenomeno “abusivo” del cd. IAP itinerante.
Il medesimo fenomeno abusivo non risulta altrettanto agevolmente perseguibile per mezzo delle società di persone, dal momento che la relativa disciplina prevede, al riguardo, un requisito diverso; vale a dire che la persona fisica IAP acquisisca la qualifica di socio responsabile personalmente e solidalmente delle obbligazioni sociali.
Dunque è da affermare, secondo la Corte, che “il fenomeno abusivo del cd. IAP itinerante sia riferibile essenzialmente alle società di capitali, costituendo il rischio di una sua responsabilità solidale ed illimitata per le obbligazioni sociali, una circostanza idonea ad arginare il fenomeno degli IAP itineranti nelle società di persone”.
Nel caso specifico quindi la sentenza di appello che aveva riconosciuto la possibilità per una persona fisica di risultare IAP in più società semplici agricole è, per la Cassazione, da confermare.