Con ordinanza n. 10314 del 11 maggio 2020 la Sesta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Mocci, Rel. Delli Priscoli) ribadisce alcuni principi in ordine alle agevolazioni inerenti i tributi locali annuali (ICI nello specifico) legate all’attestazione di particolari condizioni di fatto. Condizioni che, una volta verificatesi, non devono necessariamente essere confermate ogni anno dal contribuente, ad onta di ciò che stabiliscono i regolamenti comunali. Ciò perché un principio superione (quello di collaborazione e buona fede, stabilito dall’articolo 10 dello Statuto del contribuente) impone all’ente locale di non chiedere documenti e informazioni già in suo possesso.
Secondo la Corte, in tema di ICI, qualora l’immobile sia dichiarato inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune (Cass. n. 12015 del 2015).
Così come qualora l’immobile sia adibito a negozio o bottega direttamente dal soggetto passivo dell’imposta, ed il comune, con apposito regolamento, abbia stabilito, per tali casi, il diritto a fruire di aliquota agevolata (nei limiti di quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 504 del 1992) ove il contribuente presenti una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il godimento dell’agevolazione, essa spetta comunque al contribuente ancorchè questi non abbia presentato la suddetta dichiarazione preventivamente, poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente – sancito dall’art. 10, comma 1, della I. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente) – a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al comune (Cass. n. 12304 del 2017). Nel caso della sentenza di appello la CTR non si è attenuta ai suddetti principi laddove ha ritenuto che per ottenere l’agevolazione in questione occorra una apposita richiesta corredata da perizia giurata sottoposta al vaglio dell’Ufficio tecnico del Comune senza minimamente tenere conto dell’elemento, invece evidenziato e valorizzato dalla CTP, che il comune era a conoscenza dei lavori di ristrutturazione in corso e quindi dell’inagibilità dell’immobile, che secondo la ratio legis costituisce l’effettivo requisito per ottenere la suddetta agevolazione.