Recupero dell’IVA sugli acquisti e destinazione abitativa dell’immobile aziendale: non rileva la categoria catastale.

Con ordinanza n. 11333 del 12 maggio 2020 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bisogni, Rel. Grasso) torna ad esprimersi sulla questione della detraibilità dell’imposta sul valore aggiunto relativa all’acquisto di fabbricati riconducibili alle categorie catastali a destinazione abitativa, in relazione ad una controversia sorta tra l’Ufficio ed una società cooperativa che aveva acquisito un castello (categoria A/9).

La Corte con l’ordinanza in questione ha fornito alcune interessanti precisazioni circa l’interpretazione dell’art. 19 bis, comma 1, lett. i) d.p.r. 633/72, mediante il quale è disposta l’inammissibilità in detrazione dell’imposta relativa all’acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricati, a destinazione abitativa, e di quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati o delle predette porzioni. In particolare la Corte ha inteso chiarire (ancora una volta, visto che la questione è oramai datata) se con il riferimento, contenuto nella disposizione richiamata, alla “destinazione abitativa”, il legislatore abbia avuto riguardo alla qualificazione risultante dall’accatastamento (c.d. dato formale, avvalorando con ciò nel caso concreto l’interpretazione prospettata dall’Agenzia), ovvero alla effettiva destinazione dell’immobile (c.d. dato sostanziale).

La Suprema Corte a tal riguardo, richiamando quanto già in precedenza affermato (cfr. Cass. 23 marzo 2016, n. 5707), ha precisato come la classificazione nella categoria “A” non sia da ricondurre necessariamente ed esclusivamente alla destinazione abitativa (come in effetti la stessa “eccezione”, con riguardo alla categoria A/10, sta inequivocabilmente a dimostrare). Infatti, nell’ambito della categoria catastale “A”, si collocano non soltanto le abitazioni di tipo signorile, civile, economico, popolare, ultrapopolare, rurale, i villini e le ville (categorie da A/1 ad A/8), nonché abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi (A/11), ma anche gli uffici e studi privati (A/10) e, appunto, castelli o palazzi di eminenti pregi artistici e storici (A/9). Mentre tutte le restanti categorie si caratterizzano per la “destinazione” dell’unità immobiliare (ad abitazione o ad ufficio), la categoria A/9 si caratterizza invece per la “natura intrinseca” della costruzione, la quale ha a che vedere con la natura storico-artistica dell’immobile, ben potendo accadere che l’intero edifico (castello o palazzo) abbia una destinazione corrispondente ad altre categorie (quali ad esempio alberghi, musei, biblioteche, uffici, banche). Perciò, come evidenziato dalla Corte, risulta evidente che in virtù di quanto disposto dall’art. 19-bis 1, lett. i), del d.P.R. n. 633/72, la detrazione resta espressamente esclusa soltanto laddove gli immobili abbiano una destinazione abitativa, mentre gli immobili catastalmente classificati sub A/9 non hanno necessariamente una siffatta destinazione.

In aggiunta la stessa Corte, nell’esplicitare i tratti caratterizzanti del sistema della detrazione IVA attuato attraverso il d.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, in relazione a beni o servizi acquistati nell’esercizio dell’impresa, ha chiarito che esso postula una necessaria correlazione fra i beni e i servizi acquistati e l’attività esercitata, nel senso che essi devono inerire all’impresa, anche se si tratti di beni non strumentali in senso proprio, purché risultino in concreto destinati alla finalità della produzione o dello scambio nell’ambito dell’attività dell’impresa stessa. Precisando inoltre che il nesso oggettivo che deve sussistere tra acquisto e impiego di beni e servizi, non è quello di diretta e meccanica utilizzazione, ma che si riassume in una necessaria relazione di inerenza tra la singola operazione di acquisto e l’esercizio dell’attività economica del soggetto passivo IVA. Non a caso, già in precedenza, partendo proprio dal presupposto che la valutazione della strumentalità di un acquisto rispetto all’attività imprenditoriale va effettuata in concreto, tenuto conto dell’effettiva natura del bene in correlazione agli scopi dell’impresa, non già in termini puramente astratti, la Corte ha riconosciuto la detraibilità dell’Iva sulle fatture dei lavori di ristrutturazione di una porzione di immobile avente addirittura destinazione catastale abitativa (cat. A/2), ma in concreto utilizzato per lo svolgimento dell’attività affittacamere e case per vacanze, e da qualificarsi perciò come bene strumentale (Cass. n. 8628 del 2015).

In concreto, una società cooperativa a responsabilità limitata attiva nel cuneese impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate, per l’anno di imposta 2004, aveva recuperato a tassazione, ai fini delle imposte dirette, la somma di € 16.286,07 quali costi non inerenti all’esercizio dell’attività di impresa e, ai fini Iva, la somma di € 25.131,00, portata in detrazione dalla contribuente in quanto sostenuta per spese di ristrutturazione di un immobile (un castello rientrante nella categoria A/9) affermato strumentale all’attività di impresa avendo lo stesso destinazione di “Albergo con ristorante”. La CTR accoglieva il ricorso escludendo in via automatica l’equazione tra la categoria A/9 e il fabbricato a destinazione abitativa; mentre la Commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva parzialmente l’appello dell’Agenzia delle entrate dichiarando legittimo l’accertamento in punto di Ires e Irpef, ma confermando nel resto la sentenza impugnata. L’Ufficio proponeva infine ricorso per cassazione contestando come l’immobile fosse destinato inequivocabilmente a finalità abitative in virtù delle risultanze catastali.

Il Giudice Supremo, respingendo il ricorso, ha sancito principio di diritto secondo cui “se l’art. 19-bis 1, lett. i), del d.P.R. n. 633/72 prevede – nella versione ratione temporis vigente – che “non è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa né quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione o la rivendita dei predetti fabbricati o delle predette porzioni”, è evidente che la detrazione resta espressamente esclusa (solo) laddove gli immobili abbiano una destinazione abitativa, mentre gli immobili catastalmente classificati sub A/9 non hanno necessariamente una siffatta destinazione”.