Con ordinanza n. 18395 del 4 settembre 2020 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Locatelli, Rel. Nicastro) torna ad esprimersi in materia di deducibilità dalla base imponibile dell’IRAP dei contributi versati dai notai alla cassa Nazionale del notariato in relazione ad una controversia sorta tra un professionista e l’Agenzia delle Entrate.
La Corte, ricordando come ai sensi dell’art. 50, primo comma, del d.P.R. n. 597 del 1973 il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra i compensi percepiti nel periodo di imposta e le spese inerenti all’esercizio dell’arte o professione effettivamente sostenute nel periodo stesso, in continuità con un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in materia (cfr. Cass n. 2781, n. 3595 e n. 3596 del 2001) ha ribadito come i contributi versati dai notai alla cassa Nazionale del Notariato sugli onorari loro spettanti siano indubbiamente inerenti all’attività professionale svolta.
Secondo quanto oggi riaffermato dai Giudici di Legittimità il concetto di ‘inerenza’ non può limitarsi alle sole spese necessarie per la produzione del reddito ed escludersi invece per quelle che sono una conseguenza del reddito prodotto; del resto una siffatta distinzione non si rinviene letteralmente nella legge né è ricavabile dall’aggettivo ‘inerente’ usato dal legislatore, in quanto esso, per la sua genericità, postula un rapporto di intima relazione tra due cose o idee che si può verificare sia quando l’una sia lo strumento per realizzare l’altra sia quanto ne sia l’immediata derivazione.
La Corte ha inoltre chiarito come detti contributi siano pertanto deducibili non a norma del secondo periodo del comma 1 dell’art. 54 del T.U.I.R. in quanto posti dalla legge a carico del notaio, e non del cliente, per il fatto di avere iscritto l’atto a repertorio (gli stessi sono corrisposti soltanto dal notaio, indipendentemente dall’effettiva percezione del compenso della prestazione professionale); bensì a norma del primo periodo dello stesso comma 1, poiché appunto spese inerenti all’attività svolta sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione. A tale conclusione del resto non osta la previsione, di cui all’art. 10 del T.U.I.R. circa la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, atteso che tale deducibilità dal reddito complessivo è prevista solo in via residuale, quando gli oneri non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo.
I Giudici della sezione tributaria, in ragione di quanto sopra esposto, hanno riaffermato dunque come alla deducibilità dal reddito di lavoro autonomo professionale dei contributi versati dai notai alla Cassa nazionale del notariato corrisponda conseguentemente la deducibilità degli stessi contributi dalla base imponibile dell’IRAP determinata dalla “differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti alla attività esercitata, compreso l’ammortamento dei beni materiali e immateriali, esclusi gli interessi passivi e le spese per il personale dipendente” (d.lgs 446/1997).
In concreto l’Agenzia delle entrate notificò ad un contribuente un avviso di accertamento con il quale disconobbe la deducibilità dalla base imponibile dell’IRAP dei contributi versati nell’anno 2005 al Consiglio nazionale del notariato e alla Cassa nazionale del notariato. A fondamento della propria pretesa l’Ufficio riteneva difatti che gli stessi non costituissero costi inerenti all’attività esercitata, deducibili dal reddito di lavoro autonomo professionale e, quindi, dalla base imponibile dell’IRAP; bensì oneri previdenziali e assistenziali, deducibili dal reddito complessivo e non computabili ai fini della determinazione della base imponibile dell’IRAP. L’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Novara che accolse il ricorso del contribuente. Conseguentemente l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale del Piemonte che lo rigettò ritenendo l’indubitabilità sia della finalità previdenziale delle contribuzioni in argomento sia della qualificazione delle medesime quali componente negativa di reddito (in quanto costo inerente alla produzione). Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciando la falsa applicazione degli artt. 10, comma 1, lett. e), e 54 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dell’art. 8 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 447.
La Suprema Corte, respinto il ricorso, ha ribadito il principio di diritto secondo cui “per le medesime ragioni esposte, la deducibilità dal reddito di lavoro autonomo professionale e, quindi, dalla base imponibile dell’IRAP, deve essere affermata anche riguardo ai contributi versati dai notai al Consiglio nazionale del notariato, ai sensi dell’art. 20 della legge n. 220 del 1991, anch’essi posti da tale disposizione direttamente a carico del notaio per il fatto di avere iscritto l’atto a repertorio”.