Con ordinanza n. 29367 del 23 dicembre 2020 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. De Masi, Rel. Dell’Orfano) torna ad esprimersi circa la corretta applicazione del regime sanzionatorio per l’evasione dell’imposta di bollo riguardante l’emissione di assegni irregolari in merito ad una controversia sorta tra l’Agenzia delle Entrate ed un contribuente persona fisica.
Nei fatti un contribuente proponeva ricorso per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello proposto avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente avverso avviso di liquidazione, per imposta di bollo e registro 2012 e cartella di pagamento, a seguito di processo verbale di constatazione a carico del contribuente in quanto trovato in possesso di un assegno bancario privo della data di emissione, assoggettato quindi dall’Erario alle imposte ed alle sanzioni stabilite per le cambiali. In particolare il contribuente denunciava la violazione dell’art. 25, secondo comma, d.p.r. n. 642/1972 in quanto la CTR avrebbe ritenuto applicabile al caso in esame la sanzione prevista in materia di cambiali e non la sanzione meno afflittiva di cui al primo comma dell’art. 25 cit.
La Corte ha innanzitutto ricordato come l’irregolarità fiscale degli assegni è fonte di sanzioni amministrative la cui entità è stabilita ai sensi dell’art. 25, primo e secondo comma, del D.P.R. 642/1972 (Disciplina dell’imposta di bollo) in virtù del quale “chi non corrisponde, in tutto o in parte, l’imposta di bollo dovuta sin dall’origine è soggetto, oltre al pagamento del tributo, ad una sanzione amministrativa dal cento al cinquecento per cento dell’imposta o della maggiore imposta. […] le violazioni relative alle cambiali sono punite con la sanzione amministrativa da due a dieci volte l’imposta, con un minimo di [€103,29]”.
I Giudici di Legittimità hanno poi osservato come, al riguardo, si sono manifestate in passato due contrapposte tendenze giurisprudenziali di legittimità. In una prima occasione la Corte, accogliendo la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, sanciva l’identità di funzioni tra l’assegno irregolare e la cambiale: “l’assegno bancario “irregolare”, privo cioè dei requisiti richiesti dall’art. 1, n. 1), 2), 3) e 5), I. ass. (trattasi, rispettivamente, della denominazione di assegno bancario; dell’ordine incondizionato di pagare una somma determinata; del nome di chi è designato a pagare; dell’indicazione della data e del luogo dove l’assegno bancario è stato emesso), deve considerarsi a tutti gli effetti una cambiale, con la conseguenza che l’evasione dell’imposta di bollo va assoggettata al regime sanzionatorio statuito per le cambiali dall’art. 25, 2 co., d. bollo […] e non a quello previsto dal comma 1 del medesimo art. 25” (cfr. Cass. n. 6469/1996).
Successivamente la Corte, nell’esame di un caso di sanzione amministrativa a carico di un soggetto che aveva tratto un assegno post-datato, ha rivisto la precedente giurisprudenza, deducendo come: “l’estensione del regime tributario della cambiale non sia stata effettuata dal legislatore in considerazione delle medesime finalità che sarebbero chiamati a soddisfare la cambiale e l’assegno senza data, ma, unicamente, per non ripetere in diversi articoli della tariffa la medesima disciplina, sostituita da un mero rinvio con funzioni meramente quantitative […] venuto meno il richiamo all’elemento teleologico addotto a giustificazione del medesimo trattamento tributario, al quale dovrebbe corrispondere necessariamente un medesimo trattamento sanzionatorio nei confronti di titoli della più diversa natura, va ricordato che l’art. 25, d. bollo […] stabilisce il regime sanzionatorio a carico di chi non corrisponde, in tutto o in parte, l’imposta di bollo dovuta sin dall’origine (primo comma) […]. Tale disciplina, la quale prevede il pagamento dell’imposta non corrisposta […], oltre [ad una sanzione amministrativa], introduce […] una deroga con riferimento alle trasgressioni relative alle cambiali […]. Alla luce di tale contesto normativa non vi è spazio per applicazioni analogiche o per interpretazioni estensive, poiché la legge sul bollo detta una disciplina generale delle [sanzioni amministrative] applicabili ai trasgressori ed introduce poi una deroga a tale disciplina, la quale, come tutte le norme derogatorie, ha carattere eccezionale ed è, pertanto, di stretta interpretazione” (cfr. Cass. n. 12806/1997).
Infine, riprendendo quanto più volte ribadito, la Corte ha osservato come l’assegno privo dell’indicazione della data sia un titolo radicalmente nullo e possa valere solo come promessa di pagamento potendo presumersi juris tantum l’esistenza del rapporto sottostante, al che consegue che la consegna al creditore di un assegno senza data di emissione non costituisce un valido mezzo di pagamento (cfr. Cass. n. 25580/2011, Cass. n. 13949/2006 e Cass. n. 14158/2001). Ragione per cui l’emissione di un assegno in bianco o postdatato, contrario quindi alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 del Regio Decreto n. 1736/1933, dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume, enunciato dall’art. 1343 c.c., sicché, non viola il principio dell’autonomia contrattuale sancito dall’art. 1322 c.c. il giudice che, in relazione a tale assegno, dichiari nullo il patto di garanzia e sussistente la promessa di pagamento di cui all’art. 1988 c.c. (cfr. Cass. n. 10710/2016). Ed è proprio la nullità dell’assegno privo di data, e la relativa inutilizzabilità come titolo esecutivo, a costituire, quindi, la remora più forte alla sostanziale usurpazione delle funzioni spettanti ai titoli cambiari.
I Giudici di Legittimità, in accoglimento del ricorso proposto dal contribuente e alla luce del successivo consolidarsi della Corte relativamente alla nullità dell’assegno bancario privo di data, hanno dunque enunciato il principio di diritto per cui “l’evasione dell’imposta di bollo, in caso di emissione di assegno privo dell’indicazione della data, in quanto tale radicalmente nullo e inesistente come titolo esecutivo, va assoggettata al regime sanzionatorio statuito dal comma 1 dell’art. 25, secondo comma, d. bollo e non a quello più grave previsto per le cambiali dal medesimo art. 25, primo comma”.