“In tema di avviso di accertamento, se il contribuente contesta la legittimazione del soggetto, diverso dal dirigente, alla sottoscrizione dell’atto, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare, in omaggio al principio di cd. vicinanza della prova, il corretto esercizio del potere”.
Questo il principio di diritto riaffermato con ordinanza n. 1567 del 26 gennaio 2021 dalla Sezione Quinta Civile della Corte di Cassazione (Pres. Sorrentino, Rel. Pandolfi) in merito ad una controversia sorta tra l’Agenzia delle Entrate ed una società a responsabilità limitata attiva nel settore delle costruzioni di ingegneria pesante e civile.
La vicenda trae origine dalla notifica alla società contribuente con cui l’Amministrazione Finanziaria recuperava a tassazione maggior IVA e disconosceva perdite ai fini IRPEF per l’anno 2002. La società eccependo l’irregolarità della sottoscrizione opponeva l’atto impositivo alla CTP di Palermo, che accoglieva il ricorso; il successivo appello dell’Ufficio veniva rigettato dal Giudice regionale che confermava quanto deciso nel primo grado del giudizio. Da qui il ricorso per Cassazione con il quale l’Agenzia sosteneva che l’avviso di accertamento fosse stato regolarmente sottoscritto dal funzionario “facente funzioni” che al momento della sottoscrizione fungeva a tutti gli effetti da direttore (in quanto il titolare era in ferie) e non da mero delegato.
La Corte, pur riconoscendo l’impostazione seguita dall’Ufficio, non ha mancato di evidenziare come, tuttavia, il fatto che il funzionario facente funzioni (in temporanea assenza del titolare in ferie) sia comunque un soggetto diverso dal titolare in carica configuri una condizione vicaria che presuppone l’adozione di un provvedimento tale da disciplinare quanto a causale, durata e possesso in capo al facente funzioni la necessaria qualifica funzionale per adottare, nel periodo, tutti gli atti dell’Ufficio.
I giudici di Legittimità, respinto il ricorso, hanno ricordato come “l’avviso di accertamento è valido ove sia sottoscritto dal ‘reggente’ ossia dal soggetto chiamato, ai sensi dell’art. 20, comma 1, lett. a) e b), del d.P.R. n. 266 del 1987, a sostituire, temporaneamente, il dirigente assente per cause improvvise in tutte le funzioni svolte dallo stesso ai fini della direzione dell’Ufficio” (cfr. Cass. n. 28335/2018); nondimeno ciò non esime l’Ufficio dal provare in giudizio la sussistenza, in concreto, delle condizioni legittimanti a tal fine producendo in giudizio il provvedimento relativo all’incarico, onere che l’Amministrazione, nel caso di specie, non ha assolto.
A nulla è valso il richiamo alla sentenza della Corte n. 874/2009 in virtù del quale l’Ufficio sosteneva non risultare necessario comprovare in giudizio la nomina del sostituto del direttore, durante il periodo di ferie godute da quest’ultimo, stante che esso dovesse ritenersi atto interno dell’Amministrazione. Come però sottolineato dalla Corte detta sentenza disciplina piuttosto la capacità a stare in giudizio dell’Amministrazione e non la validità dell’atto impositivo in ragione della legittimità del funzionario a sottoscriverlo, derivante, non dalla sola appartenenza all’Amministrazione, ma dal possesso del potere di firma, diretto o delegato ex art. 42, del d.P.R. n.600, del 1973.