Con Ordinanza n. 5984 del 4 marzo 2021 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Guida) si è espressa circa la corretta interpretazione della disciplina di cui all’art. 10, comma 1, lett. c), del TUIR concernente la deducibilità dal reddito complessivo degli assegni periodici (e di eventuali altri oneri) corrisposti al coniuge separato quando risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Nei fatti con plurimi avvisi di accertamento l’Agenzia all’esito del controllo formale delle dichiarazioni dei redditi (ai sensi dell’art. 36-ter, del d.P.R. n. 600/1973) riprendeva a tassazione IRPEF nei confronti di un contribuente, disconoscendone la deducibilità per più annualità, gli oneri dedotti (ex art. 10, comma 1, lett. c), TUIR) in aggiunta all’assegno periodico dovuto al coniuge separato. Nella fattispecie nell’accordo di separazione personale dei coniugi, omologato dal tribunale, il contribuente, oltre a riconoscere alla moglie una somma mensile a titolo di mantenimento, assumeva altresì l’obbligo di corrispondere per l’intero e sino ad integrale estinzione del debito, i ratei mensili di mutuo gravanti su un immobile in comproprietà tra i coniugi. L’impugnazione degli avvisi portava a distinti giudizi, in alcuni casi favorevoli all’Ufficio ed in altri al contribuente, cui seguivano altrettanti ricorsi in Cassazione, riuniti dalla Corte attesa l’identità delle questioni di diritto, ad opera della parte risultata di volta in volta soccombente.
Come noto, sul piano normativo, l’art. 10, comma 1, TUIR in tema di oneri deducibili statuisce che “dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente: […] c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria”. Del resto, come fatto notare dai Giudici di Legittimità, per prassi diffusa si prevedono, in seno agli accordi di separazione, accanto all’assegno di mantenimento altre erogazioni periodiche che pongono a carico del coniuge “forte” costi specifici (oneri condominiali, spese per baby-sitter, canoni di locazione abitativa, ratei di mutuo a fini abitativi) che, seppur non bilanciati da alcuna controprestazione, sono diretti alla composizione unitaria dei rapporti che sorgono in conseguenza della separazione personale o del divorzio.
Nella fattispecie all’attenzione della Corte è venuta dunque a porsi la cruciale questione di diritto nel discernere se possa essere o meno onere deducibile, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), TUIR, il pagamento delle rate del mutuo sull’abitazione contratto dall’altro coniuge (o da entrambi i coniugi), in ottemperanza al patto di accollo (interno) assunto dal coniuge in sede di separazione consensuale omologata e in aggiunta all’assegno periodico.
I Giudici di Legittimità, passando in rassegna i principi di diritto che negli anni hanno sul tema orientato il percorso nomofilattico della Corte, hanno ricordato come la deducibilità ex art. 10 cit. ai fini dell’applicazione dell’IRPEF, ad esempio: è limitata al solo assegno periodico e non anche a quello corrisposto in unica soluzione (Cass. n. 383/2001, Cass. n. 16462/2002, Cass. n. 23659/2006); è negata per i premi dell’assicurazione sulla vita pagati in favore del coniuge separato anche quando stabilito dal tribunale (Cass. n. 2236/2011); è limitato alla metà dell’importo determinato dal giudice in merito alle spese afferenti all’immobile di abitazione della moglie e del figlio ove il bene sia a disposizione di entrambi (Cass. n. 13029/2013).
Trattandosi, nel caso di specie, di un accollo di oneri aggiuntivo alla quantificazione del mantenimento e non sostitutivo (come fatto notare dall’Agenzia), ma pur sempre rientrante nell’accordo di separazione omologato dal tribunale, la Corte ha comunque affermato come fosse compito (non assolto nell’occasione) del giudice indagare al fine di stabilire se l’esborso previsto contribuisse comunque, in modo determinante, al mantenimento del coniuge “debole”. Come sancito dalla Corte infatti, in tale ipotesi, quell’onere diventerebbe deducibile dalla base imponibile del coniuge erogante; al contrario, lo stesso onere non sarebbe deducibile qualora configurabile come un’obbligazione liberamente concordata dalle parti (che affianca e non sostituisce l’assegno di mantenimento spettante al coniuge economicamente più debole) finalizzata a conferire un assetto stabile, su un piano prettamente civilistico, ai reciproci rapporti patrimoniali.
La Corte dunque, cassando le sentenze e rinviandone il giudizio alla CTR in diversa composizione, ha sancito il principio di diritto secondo il quale “In tema di imposte dirette, in base al tenore letterale dell’art. 10, comma 1, lett. c), TUIR, è onere deducibile l’assegno di mantenimento periodico corrisposto da un coniuge all’altro, in conseguenza di separazione legale (ed effettiva), nella misura risultante dal provvedimento dell’autorità giudiziaria o dall’accordo di separazione. La prescrizione dell’art. 10, comma 1, lett. c), TUIR, non impedisce, anzi consente al coniuge, tenuto a corrispondere l’assegno di mantenimento, di adempiere alla propria obbligazione versando al terzo creditore le rate del mutuo a carico dell’altro coniuge, e maturando, in ambito fiscale, il diritto alla deduzione, dal proprio reddito, dei relativi esborsi, entro il limite del valore dell’assegno di mantenimento. Del pari, sono oneri deducibili i ratei del mutuo sull’abitazione (intestata all’altro coniuge o cointestata) pagati da un coniuge in ottemperanza al patto di accollo interno contenuto in un accordo di separazione omologato dal Tribunale, ove tale esborso sia finalizzato al mantenimento del coniuge “debole””.