Il c.d. stock lending agreement è una figura negoziale atipica, configurata come un prestito di titoli contro pagamento di una commissione (fee) e contestuale costituzione da parte del mutuatario (borrower) di una garanzia (rappresentata da denaro o da altri titoli di valore complessivamente superiore a quello dei titoli ricevuti in prestito), chiamata Collaterale, a favore del mutuante (lender), a garanzia dell’obbligo di restituzione dei titoli ricevuti. Alla scadenza, il mutuatario restituisce al mutuante altrettanti titoli della stessa specie e quantità dei titoli ricevuti, mentre il mutuante retrocede al mutuatario i beni costituiti a garanzia
La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione si è già occupata (Cass. n. 11872/2017, cit.) di questo tipo di contratto stabilendo che: «In tema di imposte sui redditi, l’operazione di “stock lending”, ossia di prestito di azioni, che preveda, a favore del mutuatario, il diritto all’incasso dei dividendi dietro versamento al mutuante di una commissione (corrispondente, o meno, all’ammontare dei dividendi riscossi) realizza il medesimo fenomeno economico dell’usufrutto di azioni, senza che rilevi, ai fini tributari, che in un caso si verta su un diritto reale e, nell’altro, su un diritto di credito, sicché è soggetta ai limiti previsti dall’art. 109, comma 8, del d.P.R. n. 917 del 1986, restando il versamento della commissione costo indeducibile.».
L’ Ordinanza della quinta sezione del 12 maggio 2021, n. 12508 (Pres. Sorrentino, Rel. Guida) torna sul tema, allineandosi con la precedente pronuncia, espressamente richiamata.
Per la Corte dunque ha errato la CTR nel ravvisare l’illiceità dello scopo del contratto e dunque la nullità dello stesso. Nel contratto di stock lending, corrispondentemente all’usufrutto di azioni, il prestito dei titoli si associa al diritto a percepire i relativi dividendi da parte del mutuatario, mentre il mutuante ha diritto al pagamento di una commissione in relazione al dividendo incassato: come nell’usufrutto di azioni, il contratto di stock lending trasferisce (temporaneamente) la titolarità del diritto al dividendo e per ottenere la relativa riscossione è previsto un costo.
Va rilevato tuttavia che l’art. 109, comma 8, del TUIR, individua, un parallelismo tra la deducibilità del costo dell’usufrutto su azioni e l’imponibilità dei dividendi derivanti dalla sottostante partecipazione. In questo caso, analogamente la fee pagata da chi riceve i titoli non trova una corrispondenza coi redditi dei titoli stessi.
In conclusione, per la Sezione Tributaria, diversamente da quanto affermato dalla CTR, il contratto di stock lending non è nullo per illiceità della causa, non realizza (necessariamente) un’evasione fiscale, e non è neppure un’operazione finanziaria elusiva; semplicemente, i costi sostenuti dalla società prestataria per il prestito delle azioni (id est: la fee) sono indeducibili, ex art. 109, comma 8, t.u.i.r..