Quante volte chi difende professionalmente i contribuenti dinanzi alle commissioni tributarie si trova davanti a pronunce fuori contesto o che non esaminano affatto questioni determinanti per l’esito positivo della causa, dal lato del ricorrente.
Ebbene, l’Ordinanza n. 13590 della Sezione Tributaria, depositata il 19 maggio 2021 (Pres. Perrino, Rel. Corradini) prende in considerazione, accogliendolo, un ricorso dell’Agenzia delle Entrate in tema di omessa pronuncia. Vale la pena di analizzarla quindi auspicando che i principi che vengono enunciati trovino, almeno lo speriamo, cittadinanza anche nei casi appena menzionati.
Per la Corte è corretto dedurre il vizio di omessa pronuncia quando la statuizione del giudice di merito il quale non esamini e non decida una questione oggetto di specifica doglianza è impugnabile per cassazione solo attraverso la deduzione del relativo “error in procedendo” da omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., in riferimento alla violazione dell’art. 112 dello stesso codice, citato, appunto, dalla ricorrente (v. per tutte, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6835 del 16/03/2017 Rv. 643679 – 01).
Ciò in quanto tale motivo di gravame non investe un fatto principale o secondario, bensì proprio la completa omissione di esame e di decisione sull’appello il cui contenuto è stato indicato nella sentenza impugnata con riguardo a questioni completamente diverse e disallineate da quelle contenute nell’appello relativo alla causa, nonché la totale mancanza di risposta, da parte della sentenza impugnata, ai reali motivi di appello, che non sono stati presi in esame, mentre la sentenza impugnata trascrive la motivazione di altra sentenza che riguardava un ricorso completamente diverso contro un diverso accertamento, anche se riferito a un soggetto (società sportiva dilettantistica) similare a quello coinvolto nel caso specifico.
Anche i riferimenti agli avvisi di accertamento erano nel caso specifico sbagliati, nelle annualità e nel riferimento all’Ufficio accertatore, di altra provincia.
In ordine poi alla nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c. – applicabile anche al ricorso per cassazione proposto avverso sentenze del giudice tributario e ratione temporis nel caso in esame – si è affermato (Cass. Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014) che: “la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata…. ed è stato ribadito pure che tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (così, in seguito, Cass. n. 12928/14; Cass. ord. n. 21257/14; Cass. 2498/15 ed innumerevoli altre). Tuttavia, secondo la Corte, nel caso di specie, risulta dal testo della sentenza impugnata ed in particolare dal dispositivo che essa ha deciso in relazione ad un appello contro una sentenza diversa da quella indicata nel frontespizio della stessa sentenza come sentenza appellata ma anche che non ha preso in esame alcuna delle doglianze poste con l’atto di appello in relazione alla sentenza di primo grado.
Non è poi vero, continuano i Giudici di Legittimità che l’omesso esame debba risultare solo dal dato testuale poiché la Corte a sezioni unite ha affermato che, pur nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, peraltro ciò essere posto non solo in relazione al dato “testuale” evincibile dalla sentenza, ma anche dal dato “extratestuale”, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, come nel caso in esame in cui il ricorso per cassazione ha indicato e trascritto puntualmente gli atti di causa da cui emergeva come anche la motivazione fosse completamente disallineata rispetto ai fatti di causa.