“Non sussiste affatto un principio di diritto, interpretativo dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, che imponga la riconduzione del rimborso di imposte indebitamente versate nell’alveo delle previsioni di cui all’art. 10, comma 1, lett. d)- bis, del TUIR, ovvero che la restituzione delle imposte indebitamente pagate sia compiuta necessariamente e soltanto attraverso il meccanismo dell’onere deducibile” questo il principio di diritto nuovamente affermato dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Saieva) con sentenza n. 24650 del 14 settembre 2021.
Nei fatti un contribuente, a seguito di sentenza del TAR, riceveva dall’ex datore di lavoro un’integrazione di TFR al netto della trattenuta corrisposta direttamente dallo stesso sostituto d’imposta all’Agenzia delle Entrate. Successivamente il Consiglio di Stato riformava la decisione del TAR ed il contribuente restituiva all’ex datore di lavoro l’intero importo erogato comprensivo della ritenuta versata all’Erario. La richiesta di rimborso da parte dell’imposta indebitamente versata (avanzata dal contribuente ai sensi dell’art. 38 DPR 602/1973) veniva rigettata dall’ufficio territoriale di Arezzo nella considerazione che egli avrebbe dovuto seguire la procedura di deducibilità prevista dall’art. 10, lett. d) bis del TUIR. La CTP accoglieva quindi il ricorso proposto dal contribuente; la CTR rigettava l’appello dell’Ufficio. Avverso detta decisione proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate.
Nello specifico l’Amministrazione contestava l’erronea interpretazione degli artt. 10, lett. d) bis del TUIR e 38 del DPR 602/1973. Secondo l’assunto dell’Ufficio, infatti, la prima procedura di recupero (attraverso il meccanismo dell’onere deducibile ex art 10 cit.) rappresentando la soluzione alle problematiche sottese alla restituzione delle somme versate dal sostituto di imposta, non avrebbe potuto porsi in via alternativa alla seconda, essendo la domanda di rimborso riservata ai soli casi riguardanti vizi inerenti alla debenza delle imposte e non anche in conseguenza di vicende per cui il reddito sia stato indebitamente erogato.
Come ricordato dalla Corte l’art. 10 comma 1 lett. d)-bis (vigente ratione temporis nell’anno di imposta 2008) consentiva il recupero delle imposte trattenute al momento della erogazione delle somme, successivamente restituite, operando la deduzione nei limiti della capienza del reddito imponibile dichiarato nel periodo di imposta di restituzione; l’impossibilità di recuperare per intero, mediante il meccanismo dell’onere deducibile, le imposte trattenute e non dovute, legittimava (senza escludere) il ricorso alla procedura di rimborso dei versamenti diretti prevista dall’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. osservandone i termini di decadenza.
I Giudici di Legittimità, respinto il ricorso dell’Agenzia, hanno dunque riaffermato, richiamando precedenti pronunce, che “la norma in esame (art. 10 cit.) riconosce al contribuente esclusivamente la facoltà di utilizzare, nella dichiarazione dei redditi, il meccanismo della deduzione dell’onere dalla complessiva base imponibile (e cioè, in sostanza, una forma di restituzione per compensazione). Ma il mancato esercizio di tale facoltà non preclude affatto il ricorso all’ordinario strumento della procedura di rimborso, mediante presentazione della relativa domanda nel termine previsto a pena di decadenza” (cfr. Cass. Sez. 5, n. 25564/2017) e che “l’azione di rimborso di somme indebitamente versate, prevista dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, avente portata generale in materia tributaria […] non può, infatti, salvo espressa disposizione contraria, ritenersi preclusa in presenza di ulteriori modalità di recupero del pagamento indebito, la cui utilizzazione è prevista a più limitati fini ed è rimessa alla libera scelta del contribuente” (cfr. Cass. Sez. 5, n. 12912/2019).