L’ordinanza della Sesta Sezione della Corte di Cassazione n. 12829 del 22 maggio 2017 (pres. Cirillo, rel. Manzon) si occupa di un caso in cui i giudici di appello avevano considerato fondato un accertamento basato sui riferimenti numerici delle società di comodo per una start up che non si rivelava congrua con i predetti parametri.
La Corte precisa come «In materia di società di comodo, i parametri previsti dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto» (Sez. 5, Sentenza n. 21358 del 21/10/2015.
Secondo la sesta sezione il giudice tributario di appello non ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto e quindi della disposizione legislativa in oggetto, negando validità agli argomenti fattuali contro probatori proposti dalla società contribuente con una valutazione meritale del tutto sommaria, apodittica ed incompleta. In particolare la CTR non ha in alcun modo considerato la fase di start up nella quale si trovava ancora la società contribuente, allegata quale principale difesa da parte della medesima.
Ne deriva quindi palesemente la “falsa applicazione” della disposizione antielusiva de qua, cui dovrà pertanto porre rimedio il giudice del rinvio.