L’articolo 90, comma 8, Legge 289/2002 prevede testualmente: “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonchè di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Tale prospettazione del legislatore non ammette contestazioni in punto di inerenza e/o di congruità, se sono rispettate le condizioni di cui sopra. Almeno ciò pare si possa desumere dalla Ordinanza 21578 del 18 settembre 2017 della Sesta Sezione della Corte di Cassazione (pres. Schirò, rel. Solaini). Letteralmente di fronte ad una contestazione dell’Agenzia delle Entrate sull’ambito territoriale e sul settore di attività dello sponsor, si osserva: “Nel merito, l’art. 90 comma 8 della legge n. 289 del 2002 introduce una presunzione legale assoluta di qualificazione, nei limiti di 200.000,00 euro, come spese di pubblicità volte alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante il corrispettivo in denaro (Cass. ord. n. 7202/17, 5720/16), quindi, inerenti e congrue all’esercizio dell’attività commerciale”.