Decadenza rilevata d’ufficio dal giudice di appello: sentenza da riformare.

Il termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributano ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo, ha natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto tale decadenza non concerne diritti indisponibili dello Stato alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del fisco, sicché è riservata alla valutazione del contribuente stesso la scelta di avvalersi o no della relativa eccezione, che ha natura di eccezione in senso proprio e non è, quindi, rilevabile d’ufficio, né proponibile per la prima volta in grado d’appello.

Lo ribadisce l’Ordinanza 28 novembre 2017, n. 28467 della VI Sezione civile (Pres. Frasca, Rel. Rossetti).

In sostanza, l’eccezione di decadenza intervenuta a favore del contribuente va ritualmente introdotta. Non è possibile rilevarla d’ufficio. Se viceversa la decadenza fosse a favore dello stato e a sfavore del contribuente, incidendo su diritti indisponibili quale quello alla riscossione dei tributi, sarebbe legittimo rilevare d’ufficio tale questione. Con buona pace del concetto di parità delle parti nel giudizio tributario e con una malintesa idea di “indisponibilità” del tributo solo dal lato dell’Erario.

Forse sarebbe invece corretto affermare che ogni tributo è indisponibile nel senso che la sua corretta applicazione è precisata dalla Legge per espressa previsione costituzionale (Art. 23) ed è sottratta ad ogni arbitrio, come ci insegnano i più bravi autori da una ventina di anni. Almeno di quelli che studiano una materia complessa come il diritto tributario e non si limitano al copia/incolla di sentenze passate. Quindi il tributo va applicato secondo Legge ed in modo imparziale. Anche in giudizio.