Bene ha fatto il principale quotidiano economico oggi a tener viva l’attenzione dei lettori sulla vicenda del contraddittorio endoprocedimentale tributario dopo lasentenza delle Sezioni Unite n. 24823 di fine 2015 ed in attesa di una pronuncia della Corte Costituzionale (che peraltro in tema di obbligo generalizzato di contraddittorio si era già pronunciata lo scorso anno con la sentenza n. 132/2015).
E bene ha fatto a parlare di contraddittorio a corrente alternata: sì negli accertamenti in azienda, no negli accertamenti a tavolino, sì nel nuovo redditometro, no nel vecchio, sì per l’IVA e no per le dirette. Insomma dev’essere difficile in questo periodo per la normale sensibilità del Giudice (e il rispetto dei principi cardine dell’Ordinamento a cui correttamente deve informare il proprio operato) decidere in linea con la sentenza delle Sezioni Unite del dicembre scorso, sentenza forse più politica che giuridica.
Noi segnaliamo in particolare l’Ordinanza del 30 agosto 2016 n. 17426 nella quale si affronta la questione degli accertamenti a tavolino e del rispetto del principio del contraddittorio.
In questo specifico caso la VI sezione ha risolto con il rinvio integrale alla sentenza delle Sezioni Unite. Letteralmente: “Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti affermato il seguente principio di diritto : “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale,,pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito.”(Cass.24823/2015)
Ancora per la VI Sezione, le Sezioni Unite hanno precisato che le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, 1. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente “in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente”, valutati il dato testuale della rubrica (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) e, soprattutto, quello del primo comma dell’art. 12 1. 212/2000 (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco), che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”.
Niente garanzie quindi per le indagini finanziarie, sulle quali è fondato l’atto di accertamento alla base della controversia.