I media rilanciano in questi giorni una interessantissima sentenza di merito in materia di contraddittorio endoprocedimentale, risalente per la verità a qualche mese fa. Siamo riusciti a rintracciarla e a proporvela. Si tratta della Sentenza della 1.a sezione della Commissione Tributaria Regionale di Bari n. 85/1/2016, Presidente e Relatore Leuci.
Secondo i Giudici pugliesi la riflessione sui contraddittorio endoprocedimentale ha trovato di recente un punto fermo nella pronuncia delle Sezioni unite civili di Cassazione nel testo della sentenza n.24823, depositata il 9 dicembre 2015, che afferma la necessità di applicazione dello stesso laddove si discuta di imposte di rilievo europeo quale è l’iva. Ciò in quanto nell’ordinamento interno non c’è una norma che preveda l’obbligo di contraddittorio in capo all’Amministrazione finanziaria che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente. Obbligo che comporta, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto.
Quindi solo in tema di “tributi armonizzati”, per i quali il diritto dell’Unione europea ha diretta applicazione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta, in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto.
E ciò purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e “che l’opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.
Con questa premessa, decidendo su un atto di accertamento in materia di studi di settore, atto che aveva valenza ai fini Iva oltre che ai tini delle imposte dirette, la Commissione Regionale, sul presupposto di un’assenza di contraddittorio, conclude che “di per sé ciò è causa invalidante dell’atto in quanto l’Iva è tributo armonizzato europeo”.
Cioè la mancanza di contraddittorio relativamente all’IVA travolge l’intero atto, secondo la Commissione.
I giudici regionali opportunamente precisano che “il contraddittorio non si risolve con la mera formulazione di domande al contribuente e con l’annotazione delle risposte di quest’ultimo” e poi che “Affinché vi sia contraddittorio, l’Ufficio deve esporre al contribuente i rilievi che intende fare; a quel punto il contribuente può controdedurre sulle specifiche contestazioni mossegli esponendo le proprie ragioni e solo dopo ciò l’ufficio potrà emettere l’avviso di accertamento”.
Ora, si potrà osservare che in materia di studi di settore già dal dicembre 2009 le Sezioni Unite avevano distillato i principi alla base del contraddittorio endoprocedimentale e che si potevano da ciò trarre delle conclusioni valide anche prima della sentenza pure delle Sezioni Unite del dicembre 2015 e rimaste non intaccate dalla medesima.
Ma è certo che un importante spunto di riflessione viene proprio dalla forza attrattiva del contraddittorio IVA affermata dai giudici regionali di Bari e che vale per tutti i tributi coinvolti nell’atto di accertamento. Un interessante spunto di difesa, quindi, che abbiamo ritenuto di segnalare.