L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), e l’articolo 19 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (Sistema comune di imposta sul valore aggiunto), norme ora contenute negli articoli da 173 a 175 della direttiva 2006/112/CE, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa e a una prassi nazionali, come quelle italiane, che impongono a un soggetto passivo IVA di applicare un pro-rata per la detraibilità dell’IVA, senza prevedere un metodo di calcolo che sia fondato sulla natura e sulla destinazione effettiva di ciascun bene e servizio acquistato. Questa è l’interpretazione della Corte di Giustizia esplicitata nella sentenza del 14 dicembre 2016 relativamente alla causa C-378/15 che vedeva contrapposte le tesi dell’Agenzia delle Entrate a quelle della Mercedes Benz Italia.
La Corte di Giustizia fornisce una interpretazione letterale delle norme predette e con ciò contraddice in pieno le conclusioni dell’avvocato generale presso la Corte di Giustizia stessa (Henrik Saugmandsgaard Øe) del 29 giugno scorso. Questi aveva concluso per l’illegittimità della norma e della prassi nazionale.
La Mercedez Benz Italia nella propria dichiarazione IVA aveva, accanto alla gestione tipica in regime di imponibilità, rilevato delle operazioni finanziarie esenti (ossia l’erogazione di finanziamenti alle società controllate). Considerando queste come accessorie le ha escluse dal denominatore di calcolo del pro-rata di detraibilità. Ciò ritenendo che la forfettizzazione dovesse essere riferita solo agli acquisti promiscui e non invece a tutti gli acquisti.
La Corte nell’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva rileva come l’Italia applichi la lettera d) del predetto comma imponendo ai contribuenti il calcolo del pro-rata generale in relazione a tutte le attività siano esse imponibili o esenti, senza possibilità di distinzione. Tale sistema viene ritenuto coerente con il predetto principio comunitario: nell’articolo, letteralmente si parla infatti di “tutte le operazioni ivi contemplate”. Ciò quindi non fa distinguere tra operazioni che danno diritto a detrazione e le altre, condizione che invece compare all’articolo 17, paragrafo 5, primo comma.
Viene inoltre valorizzata dalla Corte la possibilità di separare la contabilità IVA tra le attività che danno diritto a detrazione e le altre: in tale maniera la normativa nazionale consente comunque al contribuente di uscire dalla forfettizzazione del pro-rata.