Un medico analista che, senza una propria struttura, realizza un reddito elevato, avvalendosi, per le analisi, di attrezzature anche costose di un laboratorio che configurano senz’altro un elemento organizzativo suscettibile di potenziarne l’attività, non è per questo assoggettabile ad IRAP.
Almeno se l’ente impositore non dimostra che l’organizzazione del laboratorio è riconducibile al contribuente stesso, non solo sotto l’aspetto operativo, ma anche sotto quello organizzativo.
La Corte di Cassazione precisa questi princìpi nella sentenza 7253 del 22 marzo 2017 della quinta sezione (Pres. Cappabianca, Rel. Esposito).
Con ciò cassa la sentenza della commissione regionale del Veneto che aveva attribuito erroneamente al contribuente l’onere di “descrivere l’organizzazione della propria attività, le modalità di produzione del reddito”, considerato che “da una parte, fa ricorso continuo e sistematico ad un fornitore terzo, dall’altra la quota maggioritaria del reddito direttamente prodotto rende non sostenibile l’affermazione di totale inesistenza di una organizzazione autonoma, senza la quale non appare materialmente possibile effettuare l’ulteriore, maggioritario numero di analisi che costituisce la voce principale del reddito prodotto”.
Per la quinta sezione è invece necessario che la correlazione organizzativa venga indagata nell’accertamento, e non che venga chiesto al contribuente di giustificare il rapporto con il centro di analisti. Per la Corte infatti “non è sufficiente che il professionista si avvalga di una struttura organizzata, occorrendo anche che questa struttura sia «autonoma», cioè faccia capo al professionista medesimo, non solo ai fini operativi, ma anche sotto i profili organizzativi (in termini, Cass. civ., sez. VI, 16-07-2015, n. 14878)”.