Qualora la disponibilità di maggior reddito sia individuata con metodo sintetico, sulla base delle spese sostenute o della disponibilità di particolari beni, la prova contraria consentita al contribuente si spinge sino a considerare anche la ricchezza accumulata negli anni precedenti (Cass., 13 giugno 2013, n. 21994), anche con disinvestimenti e cessioni di fabbricati (Cass., 12 febbraio 2014, n. 3111).
Peraltro, per la Corte il contribuente, che deve fornire la prova contraria, deve dimostrare l’esistenza e l’entità di una pregressa e legittima disponibilità finanziaria, oltre alla durata del possesso della stessa (Cass.Civ., sez. 6, 16 luglio 2015, n. 14885), in quanto l’art. 38 comma sesto d.p.r. 600 del 1973 (nella versione vigente all’epoca dei fatti) prevedeva anche che ‘l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.
Quindi occorre qualcosa di più della prova della disponibilità storica del reddito e, pur senza necessità di provare l’utilizzo degli ulteriori redditi per coprire le spese contestate, occorre tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (anche Cass.Civ., Sez. 5, 20 gennaio 2017, n. 1510; Cass.Civ., sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25104).
Il riferimento alla “durata” del relativo possesso serve ovviamente a escludere che gli stessi siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, come per un ulteriore investimento finanziario. In tale ultima ipotesi, infatti, tali ulteriori redditi non sarebbero utili a giustificare le spese o il tenore di vita accertati, che dovrebbero ascriversi, quindi, a redditi non dichiarati.
Inoltre per la Corte ”la prova che deve fornire il contribuente non è tipizzata, sicché può essere data con qualsiasi mezzo idoneo”.