In presenza di fabbricato inagibile o inabitabile al contribuente spetta la riduzione ICI (e IMU) anche nel caso in cui non abbia presentato la comunicazione di legge, ricorrendo i presupposti di fatto. Lo ha precisato una corretta e centrata sentenza della Quinta sezione della Corte di Cassazione (n. 18453 del 21 settembre 2016, Presidente Chindemi, Relatore Meloni).
Secondo la Corte, nella vicenda di cui si tratta, lo stato di inagibilità risulta confermato dal CTU nominato dalla CTR del Piemonte sezione 36 in analogo giudizio tra le parti. Quindi l’elemento fattuale per avere la riduzione dell’imposta esiste. In ordine all’aspetto normativo l’articolo 8 comma 1 del decreto 504 del 1992 prevede che l’inagibilità sia accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, rispetto a tale condizione.
Nel caso specifico la società contribuente non aveva presentato la prevista documentazione.
E’ tuttavia provato che lo stato di grave inagibilità fosse noto al Comune, considerato che lo stesso Comune, scaduta la concessione edilizia, non aveva concesso alcun permesso edificatorio cosicché nessun intervento edilizio poteva essere eseguito.
Secondo la Corte va fatto riferimento al principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (L. n. 212 del 2000, art. 10, coma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4).
Pertanto deve ritenersi che nessun altro onere probatorio gravasse nella fattispecie sul contribuente (cfr. anche Cass. 23531/2008).
La sentenza è particolarmente importante poiché sovente i Comuni, nei regolamenti ICI (o IMU), chiedono di reiterare annualmente adempimenti per fruire di agevolazioni. I principi dello Statuto enunciati dalla Corte (addirittura con riferimento a previsioni legislative e non regolamentari) vanno quindi sempre applicati in modo tale che ad un adempimento formale, per quanto utile, non sia attribuito il potere esclusivo di attivare un diritto.