L’ordinanza 7 giugno 2019, n. 15439 della V sezione della Corte di Cassazione (pres. Chindemi. Rel. D’Ovidio) rappresenta una interessante e ben motivata pronuncia sullo “stato dell’arte” in ipotesi di coniugi con diverse residenze in rapporto alle agevolazioni ICI/IMU. E’ vero infatti che alcuni riferimenti (ad eccezione della situazione dei coniugi con residenza diversa nello stesso comune) sono rimasti sostanzialmente gli stessi nel passaggio dall’articolo 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 all’articolo 13 del D.L. n. 201/2011.
La vicenda riguarda l’ICI,imposta per la quale l’articolo 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 accorda un beneficio fiscale in relazione all’unità immobiliare adibita ad abitazione principale dal soggetto passivo dell’imposta. L’ultimo inciso dell’art. 8, comma 2, del d.lgs. citato chiarisce che “per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente”.
La Corte ricorda come nella propria giurisprudenza si affermi costantemente che un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari (Cass., sez. 6-5, 21/06/2017, n. 15444, Rv. 645041 —01; Cass., sez. 5, 15/06/2010, n. 14389, Rv. 613715 – 01).
La stessa giurisprudenza di legittimità ha tuttavia ulteriormente chiarito che tale interpretazione dell’art. 8 cit., caratterizzata dal rigore richiesto per le norme di agevolazione fiscale in ragione della loro natura “eccezionale”, deve tuttavia tener conto che il concetto di “abitazione principale” richiama quello tradizionale di “residenza della famiglia”, desumibile dall’art. 144, comma 1, c.c., come inteso nell’elaborazione giurisprudenziale e, dunque, quale luogo di ubicazione della casa coniugale, perché tale luogo individua presuntivamente la residenza di tutti i componenti della famiglia, “salvo che (si aggiunge opportunamente) tale presunzione sia superata dalla prova che lo spostamento della propria dimora abituale sia stato causato dal verificarsi di una frattura del rapporto di convivenza” (V. Cass. sez. 5, 15/06/2010, n. 14389, cit., in motivazione; significativa anche la fattispecie esaminata da tale sentenza, che riguarda un immobile in cui uno dei coniugi assumeva di avere la sua dimora abituale ma, osserva la Corte al fine di negare il diritto all’agevolazione in relazione a tale immobile sito in un Comune diverso da quello di residenza dei suoi familiari, “la incontestata convivenza del contribuente – che non ha neppure addotto il verificarsi di una frattura di quel rapporto – con la moglie e con i figli in Bolzano attribuisce solo all’unità immobiliare sita in questo Comune la qualità, voluta dalla norma, di abitazione principale).
Ne deriva che occorre distinguere l’ipotesi in cui il presupposto di fatto, in relazione al quale deve valutarsi l’applicabilità del beneficio per la casa principale, sia costituito dalla mera circostanza che due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella, ben diversa, in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto “per la frattura del rapporto di convivenza, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della coesistenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale” (v. Cass., sez. 6-5, 17/5/2018, n. 12050, non massimata).
In sostanza nel secondo caso il nucleo familiare non è più uno solo e l’agevolazione può essere duplicata.
Nel caso specifico così aveva deciso la CTR e quindi i principi di diritto applicati erano corretti. Le valutazioni di merito circa la circostanza di fatto del reale distacco del preesistente nucleo familiare sono infatti precluse al Giudice di Legittimità. Il ricorso del Comune viene così respinto.