Con sentenza n. 11028 del 27 aprile 2021 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bisogni, Rel. Manzon) torna a fare chiarezza circa l’aliquota IVA da applicarsi alle operazioni imponibili aventi ad oggetto la vendita di edifici che a seguito di demolizione/ristrutturazione abbiano registrato un cambiamento della preesistente destinazione d’uso.
Nei fatti la CTR della Toscana accoglieva l’appello proposto una S.r.l., specializzata nella costruzione e vendita diretta di strutture residenziali e turistiche e in ristrutturazioni di alto pregio, avverso la sentenza della CTP di Arezzo che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IVA 2006. La CTR in particolare aveva osservato che, dovendosi attribuire alle opere edilizie, eseguite dalla società contribuente quale appaltatrice, oggetto della fatturazione in contesto la natura di “nuovi edifici”, per la completa diversità della destinazione d’uso, e non, come sostenuto dall’agenzia fiscale, di “edifici ristrutturati”, dovesse applicarsi l’aliquota agevolata del 4% e non quella ordinaria del 10%, inficiando così la pretesa creditoria portata dall’atto impositivo emesso dall’Ufficio. Da qui il ricorso per Cassazione con il quale l’Agenzia lamentava la violazione/falsa applicazione della tabella A parte II n. 39 e parte III n. 127-quaterdecies del dPR 633/1972.
Come ricordato dalla Corte il d.P.R. IVA prevede: tabella A, parte seconda, n. 39) l’aliquota agevolata al 4% per le “prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di fabbricati di cui all’art. 13 della L. 2 luglio 1949, n 408 e successive modificazioni, effettuate nei confronti di soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la successiva vendita”; tabella A, parte terza, n. 127-quaterdecies l’aliquota del 10% per le “prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di case di abitazione di cui al n. 127-undecies e alla realizzazione degli interventi di recupero di cui all’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, esclusi quelli di cui alle lettere a) e b) del primo comma dello stesso articolo, ceduti dalle imprese che hanno effettuato gli interventi”. In sostanza la prima disposizione fiscale opera un rinvio ad un’altra disposizione legislativa applicabile alla costruzione ex novo di edifici; la seconda invece rinvia ad una disposizione legislativa che individua gli elementi caratterizzanti delle opere di ristrutturazione edilizia in senso lato.
I Giudici di Legittimità, respinto il ricorso dell’Agenzia, hanno riconosciuto come il giudice tributario di appello, accertando in fatto che vi fosse stato un radicale mutamento della destinazione d’uso degli edifici (da immobili produttivi a residenza), si fosse correttamente uniformato al consolidato principio di diritto (pur formatasi nell’ambito di controversie non tributarie) con il quale la Corte ha inteso sancire che qualora alla demolizione/ricostruzione degli edifici preesistenti consegua una diversità (ancorché solo di sagoma) tra gli edifici demoliti e quelli riedificati, quest’ultimi devono essere considerati non come un’opera di “ristrutturazione” dei preesistenti, ai sensi dell’art. 31, primo comma, lett. d), legge 457/1978 e per i suoi effetti (anche fiscali), quanto piuttosto come “nuova costruzione” (cfr. Cass., n. 22688/2009, Sez. U, Ordinanza n. 21578/2011, Cass., n. 15041/2018).