La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Rossi) con l’Ordinanza interlocutoria n. 21714 del 8 ottobre 2020 investe il Primo Presidente dell’eventuale rinvio alle Sezioni Unite in relazione alla corretta interpretazione dell’articolo 8 L. 890/1982 sulle notifiche degli atti tributari (ma non solo) in caso di irreperibilità relativa del destinatario.
Secondo la Corte è indispensabile, nella decisione di un ricorso fondato tra l’altro su questa specifica questione, “acclarare in quale modo vada giudizialmente provata la regolarità del procedimento notificatorio compiuto a mezzo posta nell’ipotesi della c.d. irreperibilità relativa del destinatario, situazione nella quale l’art. 8, quarto comma, della L. n. 890 del 1982, fa obbligo all’operatore postale di dare notizia al destinatario del compimento delle relative formalità e del deposito del piego presso l’ufficio postale «mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento».
Già l’Ufficio del Massimario ha rilevato, ricordano i Giudici, su questo tema, decisioni di segno difforme e divergente nella giurisprudenza di legittimità. Vanno al riguardo, in sintesi, ricordati due orientamenti.
Secondo il primo dei due, la notificazione a mezzo posta, qualora l’agente postale non possa recapitare l’atto, si perfeziona, per il destinatario, trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata contenente l’avviso della tentata notifica e la comunicazione di avvenuto deposito del piego presso l’ufficio postale. Quindi ai fini della sua ritualità è richiesta, ex art. 8 della L. n. 890 del 1982, la sola prova della spedizione della missiva raccomandata c.d. C.A.D. (che si evince dal numero della raccomandata di spedizione indicata sull’avviso di ricevimento) e non anche della sua avvenuta ricezione (in questo ordine di idee, Cass. 30/01/2019, n. 2638, Rv. 652274-01; Cass. 31/05/2018, n. 13833, non massimata; Cass. 14/11/2017, n. 26945, non massimata; Cass. 10/03/2017, n. 6242, Rv. 643481-01; Cass. 15/02/2017, n. 4043, non massimata).
L’opinione trae alimento, valorizzandone il significato sistematico, dal disposto precettivo dell’ultimo periodo del quarto comma del citato art. 8, a mente del quale «la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata» di comunicazione dell’avviso di deposito del piego.
Con tale espressa e puntuale previsione – si argomenta – in caso di irreperibilità temporanea del destinatario dell’atto il legislatore ha inteso correlare, in via assoluta e generale (in tal senso deponendo l’utilizzo della locuzione «comunque»), il perfezionamento dell’iter notificatorio a mezzo posta all’evento «spedizione» (e non già ricezione) della c.d. C.A.D., e precisamente al decimo giorno successivo all’invio della raccomandata.
Ad opposte conclusioni perviene altro orientamento, emerso più di recente nella giurisprudenza di legittimità, compendiato dal principio di diritto per cui «in tema di notificazione a mezzo posta, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio nel caso di irreperibilità relativa del destinatario deve avvenire attraverso l’esibizione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (c.d. C.A.D.), in quanto solo l’esame di detto avviso consente di verificare che il destinatario abbia avuto effettiva conoscenza del deposito dell’atto presso l’ufficio postale e che ne sia stato pertanto tutelato il diritto di difesa» (è questa la massima ufficiale di Cass. 21/02/2019, n. 5077, Rv. 652953-01, da ritenere la pronuncia capofila dell’orientamento, seguita poi da Cass. 20/06/2019, n. 16601, Rv. 654241-01, e da Cass. 05/03/2020, n. 6363, non massimata). Alla dichiarata ricerca di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8 in disamina, quest’approccio ermeneutico reputa «imprescindibile» per il vaglio di regolarità della notifica, l’esibizione in giudizio anche dell’avviso di ricevimento relativo alla raccomandata contenente la C.A.D., «in considerazione del fatto che solo la verifica dell’effettivo e corretto inoltro di tale avviso di ricevimento a cura dell’ufficiale postale consente di acquisire la prova che sia stata garantita al notificatario l’effettiva conoscenza dell’avvenuto deposito dell’atto presso l’ufficio postale».
Premesso che «le garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario, perché sia assicurata una reale tutela al diritto di difesa riconosciuto dall’art. 24 Cost., devono essere ispirate ad un criterio di effettività» si evidenzia che «dall’avviso di ricevimento, e dalle annotazioni che l’agente postale appone su di esso quando lo restituisce al mittente, può emergere che la raccomandata non è stata consegnata perché il destinatario risulta trasferito, oppure deceduto o, ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelano che l’atto in realtà non è pervenuto nella sfera di conoscibilità dell’interessato e che, dunque, l’effetto legale tipico, a tale evento ancorato, non si è prodotto».
L’ulteriore adempimento processuale gravante sul notificante (ed il conseguente controllo giudiziale) è postulato, implicitamente ma inequivocabilmente, dalla previsione normativa che impone la spedizione della C.A.D. con raccomandata non semplice (come invece stabilito da altre norme: art. 139, terzo comma, cod. proc. civ.) bensì corredata da avviso di ricevimento (assoggettato peraltro alle disposizioni del regolamento postale ordinario), il quale deve pertanto essere allegato all’originale dell’atto, a pena di nullità della notifica.