Interessante sentenza della quinta sezione della Corte di Cassazione depositata il 3 febbraio 2017 (n. 2875 Pres. Tirelli, Rel. Luciotti) in tema di accertamenti presuntivi fondati sull’antieconomicità.
Particolarmente rilevante il passaggio nel quale la Corte afferma che i principi affermati in materia di imposte sui redditi, secondo cui rientra nei poteri dell’amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell’esercizio d’impresa, non sono immediatamente ed automaticamente applicabili in materia di detraibilità del tributo IVA.
Il sistema comune dell’IVA è infatti ispirato al principio della neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle dette attività. In tale contesto il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti non può essere limitato. Esso è correlato infatti alla sola esigibilità ed inerenza dell’acquisto del bene o servizio, senza contemplare alcun riferimento, e comunque non in modo diretto, al valore del bene o servizio,
Pertanto, secondo la Cassazione, il diritto alla detrazione può essere negato solo ove sia dimostrato dall’amministrazione finanziaria, alla luce di elementi oggettivi, che esso è invocato dall’imprenditore fraudolentemente o abusivamente. Non in relazione alla sola logica economica delle scelte fatte dall’imprenditore.