La sentenza del 7 ottobre 2016 n. 20172 della quinta sezione della Corte di Cassazione (Pres. Chindemi, Rel. Botta) affronta la questione dell’assimilazione, fatta nel caso specifico dai Giudici di merito, tra valore dell’area edificabile ai fini del registro e quello (pure venale) determinato dal Comune ai fini dell’ICI.
La Corte rileva che per tali beni immobili la quantità dell’oggetto dell’imposta di registro è determinata secondo i criteri stabiliti dall’art. 51 (comma 3), d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131: “Per gli atti che hanno per oggetto beni immobili.., l’ufficio del registro… controlla il valore… avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto…, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono sucapitalizzato ai tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni”. Per contro il d.1gs. 30 dicembre 1992, n. 504, dispone che l’oggetto dell’ICI sulle aree fabbricabili si determina: a) sotto il profilo qualitativo, nel senso che “Presupposto dell’imposta è il possesso… di aree fabbricabili…” (art. 1, comma 2); b) sotto il profilo quantitativo, nel senso che “Base imponibile dell’imposta è il valore degli immobili…” (art. 5, comma 1) e che “Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche” (art. 5, comma 5).
Le considerazioni predette rendono evidente secondo la Corte, anche solo dall’esame delle disposizioni normative citate e prescindendo dalla diversità del soggetto attivo dei rapporti giuridici relativi all’imposta di registro e all’ICI, che la struttura dei due tributi è in radice diversa: sotto il profilo temporale all’occasionalità e all’unicità della prima si contrappone la periodicità e, quindi la ripetitività della seconda, la quantità del cui oggetto va, quindi, determinata anno per anno con riferimento al 1° giorno del periodo di imposta; sotto il profilo oggettivo, poi, i criteri di determinazione della quantità dell’oggetto di imposta sono solo parzialmente coincidenti e i criteri da utilizzare per l’ICI sono più numerosi e, comunque, diversi e specificamente indicati dal legislatore».
In conclusione è errato ritenere che il valore di un bene ai fini dell’ICI debba coincidere con quello stabilito ai fini dell’imposta di registro. Anche il richiamo di parte ricorrente all’art. 36, comma 2, d.l. n. 223 del 2006, non appare alla Corte rilevante: la norma ha solo stabilito la decisività dello strumento urbanistico al fine della determinazione di edificabilità di una determinata area, concetto che nel caso esaminato non risulta in contestazione.