Ci siamo arrivati.
Quando si sono potute leggere le motivazioni della sentenza 24823 delle Sezioni Unite del 9 dicembre 2015 in tema di contraddittorio endoprocedimentale, molti addetti ai lavori hanno evidenziato, come paradosso portato dalla disorganicità della pronuncia e dalla sua impossibilità di garantire una tenuta sul piano giuridico-formale, proprio l’esistenza all’interno di un unico accertamento di recuperi di imposte diverse. Cosa sarebbe accaduto allora se nello stesso atto si fossero trovati tributi armonizzati e tributi interni, visto che le garanzie per la Corte esistono per i primi e non per i secondi?
Ciò era coniugato, come si è detto, sul piano del nonsenso giuridico, stante la natura unitaria ed inscindibile dell’accertamento tributario. Soprattutto per le garanzie nella fase istruttoria alla base dell’atto. E a ben vedere tale argomentazione era quella maggiormente incisiva per chi si oppone alla negazione di un principio generale di obbligo del contraddittorio preventivo (cioè praticamente ogni addetto ai lavori).
La questione fu risolta in senso logico giuridico ineccepibile dalle prime pronunce di merito, tra le quali segnalammo la Sentenza della 1.a sezione della Commissione Tributaria Regionale di Bari n. 85/1/2016, Presidente e Relatore Leuci. Se nell’accertamento convivono tributi armonizzati e non, si disse allora, le garanzie previste per l’IVA non possono non riguardare l’intero atto. Letteralmente “l’accertamento in questione aveva valenza ai fini Iva oltre che ai fini delle imposte dirette: di per sé ciò è causa invalidante dell’atto in quanto l’Iva è tributo armonizzato europeo”.
Ma il paradosso era in agguato: ed è infatti arrivata l’Ordinanza 27 novembre 2017, n. 28314 della sezione filtro (Pres. Cirillo, Rel. Manzon) nella quale non si teme di individuare, all’interno dello stesso atto, sul presupposto della carenza di contraddittorio (con riferimento all’articolo 12 comma 7 dello “Statuto”), conseguenze letali per l’IVA e conseguenze invece nulle per i tributi non armonizzati.
Letteralmente “Va infatti ribadito che “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito” (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015). La sentenza impugnata ha fatto piena e corretta applicazione del principio di diritto di cui al citato arresto giurisprudenziale, negando l’illegittimità dell’atto impositivo impugnato con riguardo alle imposte dirette ed annullandolo invece rispetto all’IVA, essendo pacifico in fatto il mancato rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sotto il profilo specifico dell’emissione dell’atto impositivo stesso prima dello scadere del termine di cui al comma 7 della disposizione statutaria evocata”.
Riteniamo che non sia più rinviabile l’intervento del legislatore in questa materia (che conta tra l’altro l’espressa delega contenuta nella L. 23/2014 – art. 1 – per l’estensione del contraddittorio). Prima che nel nostro ordinamento prendano vita altri “Frankenstein” giuridici…..