Con sentenza n. 18374 del 30 giugno 2021 la Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Stalla, Rel. Mondini) ha espresso alcuni interessanti principi in merito ad una controversia sorta tra il socio di una Srl cancellata dal registro delle imprese e l’Agenzia delle Entrate che, nell’esercizio del proprio potere impositivo, aveva esatto dal socio stesso il pagamento del credito vantato nei confronti della società.
Nei fatti la socia di una Srl cancellata dal registro delle imprese impugnava la cartella esattoriale notificatale dall’agente della riscossione senza previo avviso di liquidazione per il pagamento di euro 210.091,02 a seguito di sentenza definitiva emessa nei confronti della società su atto di accertamento Invim straordinaria dell’anno 1991. La CTR del Lazio, in riforma della decisione di primo grado, aveva ritenuto la cartella illegittima sul rilievo che l’Agenzia non avesse provveduto a notificare l’avviso di accertamento alla socia ai sensi dell’articolo 60 del d.p.r. 600/73. L’Agenzia, avverso la sentenza della CTR, proponeva dunque ricorso per cassazione lamentando tra l’altro che “non era tenuta ad emanare uno specifico atto formale volto ad accertare la responsabilità del socio in quanto l’articolo 2495 cod. civ., che fa derivare la responsabilità del socio di società estinta dal fatto di aver riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione, non richiede una particolare forma solenne attraverso cui il creditore insoddisfatto debba palesare la sua intenzione di procedere nei confronti del socio o liquidatore”.
La Corte, riprendendo la sentenza n. 27488/2016, ha riaffermato il principio di diritto secondo cui, con riguardo all’art. 2495 cod. civ., “a seguito dell’estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non, si estinguono – il che sacrificherebbe ingiustamente i diritti dei creditori sociali – ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate”.
Come ricordato dai Giudici di Legittimità, in ragione del suesposto principio, per quanto concerne le società di persone resta ferma l’ordinaria responsabilità illimitata e solidale dei soci della s.n.c. (art. 2291 cod. civ.), che opera, in assenza di un’espressa previsione derogativa, anche per le obbligazioni tributarie; dunque essendo il debito del socio il medesimo della s.n.c., egli è legittimamente sottoposto all’esazione del debito fiscale accertato nei confronti della s.n.c. (alle ordinarie condizioni poste dall’art. 2304 c.c.) senza che sia necessario notificargli l’atto impositivo originario e/o gli atti amministrativi conseguenti. Con riguardo alle società di capitali, invece, il presupposto (ed il limite) sulla base del quale i creditori possono riscuotere dai soci i crediti vantati nei confronti della società si rinviene nell’avere i soci medesimi riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione. La stesse Corte di legittimità, del resto, ha più volte affermato il principio secondo cui “l’accertamento giudiziale del credito verso la società, anche con forza di giudicato, pur opponibile ai soci ed ai liquidatori, non consente al creditore di far valere il titolo esecutivo ottenuto direttamente nei loro confronti, attesa la necessità di agire in giudizio contro gli uni e, gradatamente, contro gli altri per l’accertamento dei rispettivi presupposti” (cfr. Cass. n. 4699/2014).
Accolto il ricorso, data l’illegittimità della cartella di pagamento notificata alla socia della Srl in quanto non preceduta dall’avviso di liquidazione, la Corte ha ricordato come “l’Agenzia delle entrate che, nell’esercizio del potere impositivo, esige dal socio di società di capitali il pagamento del credito vantato nei confronti della società, seppure accertato con sentenza passata in giudicato, deve portare a conoscenza del contribuente, con apposito avviso di liquidazione, le ragioni per le quali egli è tenuto a versare l’imposta accertata in capo alla società. In particolare, al fine di porre il contribuente in condizione di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, deve indicare gli elementi da cui si evinca che il socio, in sede di liquidazione, ha incassato somme od ha ricevuto l’attribuzione di beni della società ed il valore di questi poiché entro tale limite si apprezza la legittimità della pretesa impositiva”.