La Sentenza 18 marzo 2016 della Corte di Cassazione non esprime novità significative relativamente alla liquidazione di tributi di cui agli artt. 36-bis del DPR 600/73 e 54-bis del DPR 633/72. Ha tuttavia il pregio di fornire un quadro sufficientemente chiaro dell’interpretazione (ormai consolidata) della Suprema Corte dei rapporti tra le norme citate e la regola dello “Statuto” che parla di avvisi bonari.
I Giudici premettono infatti che il comma 5 dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo (cioè dell’avviso bonario) in tutti i casi in cui si debba procedere a iscrizione a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, ma soltanto «qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione».
E’ evidente allora che condizione affinché la norma dello “Statuto” operi è l’incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione. Infatti, prosegue la Corte, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso. Per converso, in caso di incertezza, la mancanza del contraddittorio determina la nullità dell’iscrizione a ruolo, per quanto previsto dal citato articolo 6.
L’omesso invio della comunicazione d’irregolarità, in generale, incide invece, sull’applicazione dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, la quale richiede che:
- ci si trovi al cospetto di controllo automatizzato di dichiarazione;
- sussistano i presupposti per la comunicazione d’irregolarità;
- vi sia un pagamento entro trenta giorni dalla comunicazione delle somme che risultino dovute.
In tal caso, l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo. Anche se l’avviso bonario non è stato emesso e ricalcolando le sanzioni rispetto a quelle esposte nella cartella. Senza però che si possa configurare la nullità della cartella medesima tranne nei casi di incertezza rilevante, come già detto.
Nel concreto caso in esame, il giudice d’appello non mostra di dubitare che sussistesse il presupposto di fatto per l’insorgenza dell’obbligo dell’amministrazione di «…invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari…entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta», ossia la sussistenza di «…incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione», a norma del comma 5 dell’art. 6 della I. 212 del 2000: la Commissione, difatti, riporta la «alquanta confusione» degli elementi di fatto. Ma, contrariamente a quanto avrebbe dovuto fare, statuisce in diritto, che l’omessa instaurazione del contraddittorio in queste ipotesi non sarebbe causa di nullità.
Per la Corte invece il 5° comma dell’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente stabilisce, come visto, la nullità dei «provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma». E conseguentemente la sentenza di appello viene cassata.