L’art. 15, primo comma, n. 2, d.P.R. n. 633 del 1972 esclude dal computo della base imponibile «il valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono in conformità alle originarie condizioni contrattuali …», ossia sottrae al regime ordinario di imponibilità una cessione che, in sé, è sicuramente “commerciale” (ai sensi dell’art. 55 tuir) ma, in quanto derivante e strettamente collegata ad un’altra specifica operazione, assolve ad una finalità, positivamente valutata dal legislatore, incentivante dei rapporti economici.
La Corte di Cassazione, V sezione, con l’Ordinanza n. 24471 del 5 ottobre 2018 (Pres. Bruschetta, Rel. Fuochi Tinarelli) si occupa di questa problematica in relazione ad un ricorso dell’Agenzia delle Entrate, che contestava la violazione dell’articolo 15 citato da parte della CTR che aveva ritenuto legittimo da parte del contribuente il fatto di non aver addebitato IVA in fattura per i beni ceduti a titolo di sconto.
La Corte ricorda che tale beneficio è subordinato alla espressa condizione che la cessione sia prevista dalle “originarie condizioni contrattuali”.
Ebbene, la prova di tali condizioni incombe, secondo i Giudici di Legittimità, sul contribuente che invoca il beneficio.
Nel caso specifico la CTR aveva ritenuto assolto tale onere in base a documentazione (contratti tipo, listini e le condizioni generali di vendita) ritenuta dalla Corte di Cassazione atta solo a dimostrare la prassi commerciale della società e non anche l’effettiva esistenza di originarie condizioni contrattuali, avuto riguardo alle specifiche transazioni oggetto del rilievo. Perciò le cessioni dovevano essere assoggettate ad IVA, sebbene riguardanti beni ceduti a titolo di sconto.
Due brevi osservazioni ci siano consentite.
La prima riguarda la questione dei “benefici” IVA dal lato del cedente. Il cedente non ha nessun beneficio diretto in ambito IVA. Non la addebita e non la versa. In caso contrario l’addebita e la versa. Ma il risultato numerico alla fine è identico. Perciò ci sia consentito di non concordare con le impostazioni giurisprudenziali che invertono l’onere della prova non considerando l’atto impositivo in sé (con prova a carico dell’Amministrazione), ma fantomatiche ipotesi di agevolazioni (che non ci sono in concreto) portando quindi l’onere sul contribuente. Abbiamo già trattato, ad esempio, delle cessioni intra con onere della prova del trasferimento all’estero a carico del cedente, questione della quale non riusciamo ad essere convinti.
La seconda. Se si parla di “condizioni generali di vendita” si intendono le condizioni di tutti i contratti. Quindi nel caso specifico, da ciò che si legge, pare che la prova delle originarie condizioni contrattuali sia stata fornita. A meno che non si richieda a fini fiscali una contrattualistica specifica per ogni cessione, come pare di capire. Forse almeno l’onere di provare che nel caso particolare ci si fosse discostati dalle condizioni generali di contratto praticate a tutti i clienti dal cedente andava lasciato a carico della parte pubblica.