Con ordinanza n. 11692 del 5 maggio 2021 la Sezione Quinta della Corte di Cassazione (Pres. Bisogni, Rel. Catallozzi) torna a fare chiarezza circa l’aliquota IVA da applicarsi alle cessioni di moduli fotovoltaici in relazione ad una controversia sorta tra l’Amministrazione Finanziaria ed una società per azioni attiva nel settore delle soluzioni e dei dispositivi elettronici.
Nei fatti l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR Lombardia che aveva confermato la sentenza di primo grado con la quale era stato annullato l’avviso di accertamento emesso per il recupero della maggiore IVA richiesta in relazione ad un’operazione di cessione di moduli fotovoltaici. In particolare il giudice di appello aveva ritenuto che sussistessero i presupposti per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata al 10 per cento prevista per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica (avuto riguardo alla riconducibilità del modulo fotovoltaico al concetto di impianto).
Come ricordato dai Giudici di Legittimità l’art. 16 del DPR 633/1972 nel fissare nella misura del 22 per cento della base imponibile dell’operazione l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto (comma primo) stabilisce anche la riduzione al dieci per cento per le operazioni che hanno per oggetto i beni e i servizi elencati nella allegata tabella A (comma secondo). Per quanto rilevante nel caso di specie tale tabella A, Parte III, al numero 127-quinquies, menziona, tra gli altri, gli “impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica”; mentre al successivo numero 127-sexies ammette all’aliquota agevolata “i beni, escluse materie prime e semi lavorate, forniti per la costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al numero 127-quínquies”.
La Corte, richiamando precedenti pronunce giurisprudenziali, ha chiarito come l’interpretazione letterale e sistematica delle citate disposizioni debba condurre a ritenere che: la prima fattispecie trova applicazione a tutte le cessioni che hanno per oggetto impianti idonei a produrre calore energia, indipendentemente dalle caratteristiche intrinseche degli impianti stessi (cfr. Cass. n. 7788/2019); la seconda fattispecie interessa le sole cessioni dei componenti finiti di impianti, a condizione che siano concretamente utilizzati per l’installazione o la costruzione dell’impianto (cfr., altresì, sul punto, Cass. n. 30138/2019). In particolare la richiamata sentenza n. 30138 del 2019 ha evidenziato che il regime agevolativo previsto dal n. 127 sexies richieda unicamente che i componenti finiti siano concretamente adoperati per la realizzazione dell’impianto, dell’opera o dell’edificio, senza che rilevi (contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio) la qualità del soggetto beneficiario ovvero il suo ruolo nella fase di commercializzazione del bene e l’immediatezza dell’utilizzo nella realizzazione dell’impianto.
Respinto il ricorso dell’Agenzia, i Giudici di Legittimità, in ragione dei suesposti principi di diritto, hanno dunque stabilito che l’agevolazione prevista dal n. 127-sexies possa essere negata solo qualora non vi sia prova della destinazione dei beni ceduti alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica rinnovabile (circostanza di fatto non contestata nel caso di specie dall’Amministrazione).