Riteniamo utile porre alla Vostra attenzione, anche se non con la consueta tempestività, una ordinanza della Suprema Corte risalente a più di un mese fa, ovvero quella del 24 gennaio 2018, n. 1711 della Sezione Tributaria (Pres. Cappabianca, Rel. Federici) che ci è stata segnalata nei giorni scorsi dai nostri lettori.
Lo facciamo perché essa contiene alcuni interessanti criteri di riferimento nella questione della obbligatorietà o meno della preventiva comunicazione dell’esito dei controlli automatizzati in relazione alla validità del successivo atto della riscossione.
Cercando di schematizzare al massimo il ragionamento possiamo dire che la Corte individua sostanzialmente queste due macro categorie di controlli eseguiti ai sensi dell’art. 36 bis, co. 3, cit. (e dell’art. 54 bis per l’iva):
- quella collegabile al riscontro di meri errori materiali, primo tra tutti l’aver dichiarato un importo di imposta, cui poi non corrisponda il conseguente versamento, oppure l’erroneo calcolo aritmetico tra reddito percepito, oneri deducibili e detrazioni ai fini della determinazione dell’imposta,
- quella riconducibile a controlli automatizzati che, richiedendo non un mero ricalcolo, ma preventive rettifiche dei medesimi dati.
La seconda categoria va a sua volta distinta in due sottocategorie:
2.a) quella che comporta incertezze su aspetti qualificabili come meno rilevanti della dichiarazione;
2.b) quella che riveli incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione.
Come prima conseguenza della sistematizzazione si può allora dire che l’ipotesi 1) non richiede comunicazione preventiva. Mentre l’ipotesi 2) il linea di principio la impone.
Ma all’interno della situazione di cui al punto 2) si producono conseguenze diverse nelle due sottocategorie. Nel caso 2.a) la sua omissione può costituire una mera irregolarità, non incidente sulla validità della cartella di pagamento successivamente emessa. Mentre nel caso 2.b) l’effetto della mancata comunicazione preventiva sulla validità della procedura automatizzata di liquidazione dei tributi e sulla successiva cartella è quello di determinarne la nullità. Ciò è, secondo la Corte, in linea con il tenore letterale della norma, che nell’ultima parte del terzo comma prevede che “quando a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto d’imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all’amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione”. Il senso del periodo sarebbe infatti del tutto incomprensibile qualora la comunicazione non fosse ritenuta obbligatoria. Tale lettura, sempre secondo i Giudici di legittimità, si coniuga col principio affermato nello Statuto del contribuente all’art. 6, co 5 che obbliga al confronto preventivo con il contribuente per la liquidazione di tributi in base alla dichiarazione o per un rimborso d’imposta minore a quello richiesto, ove sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione stessa.