La VI Sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza 3 luglio 2017 n. 16372 (Pres. Schirò, Rel. Cirillo) conferma le precedenti pronunce nelle quali non si ravvisava l’elemento dell’autonoma organizzazione nelle attività del commercialista svolte come sindaco, revisore e amministratore di società, configurando le medesime come caratterizzate esclusivamente dall’elemento personale e non dal “quid pluris” di natura organizzativa necessario a determinare l’imponibilità IRAP dei relativi compensi.
Secondo la Corte l’assunto della CTR, che aveva accolto le tesi dei professionisti, si pone in continuità con i principi regolativi della materia compendiati da Cass. 03/03/2016, n. 4246 e Cass. 02/11/2016, n. 22138 nel senso che il commercialista, che sia anche amministratore, revisore e sindaco di società, non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perché “è soggetto a imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata; il che non si verifica nelle specie in quanto per la soggezione a IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per sé il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza”.
Già con Cass. 09/05/2007, n. 10594, Cass. 19/07/2011, n. 15803 e Cass. 05/03/2012, n.3434 si è chiarito – riguardo a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico – che non sia soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purché risulti possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati (conf. inter partes Cass. del 23/01/2017, n. 1712).