I nostri lettori ricorderanno che, all’indomani dell’ultima sentenza delle Sezioni unite (9 dicembre 2015, n. 24823) in tema di contraddittorio endoprocedimentale si era posto un problema pratico: stante la diversificazione tra tributi armonizzati e no, cosa sarebbe accaduto se all’interno di uno stesso procedimento (e dunque di un atto impositivo conseguente) fossero stati presenti gli uni e gli altri? In altri termini, se un avviso di accertamento contiene IVA e imposte dirette è corretto considerare, se il contraddittorio non si è svolto, illegittimo il recupero della prima e corretto quello delle seconde?
La questione suscitò all’epoca non poche perplessità (e per la verità ne suscita ancora).
Famosa al riguardo una pronuncia della Commissione Tributaria Regionale di Bari I Sezione (n. 85/1/2016). I Giudici pugliesi diedero atto delle conclusioni delle sezioni unite, ma, trovandosi davanti ad un accertamento che coinvolge sia iva che imposte dirette (quindi tributi armonizzati e non) affermarono la necessità di applicazione del contraddittorio preventivo per tutti i tributi. Semplicemente, per i Giudici regionali, “l’accertamento in questione aveva valenza ai fini Iva oltre che ai fini delle imposte dirette: di per sé ciò è causa invalidante dell’atto in quanto l’Iva è tributo armonizzato Europeo”. Insomma il contraddittorio IVA (obbligatorio), secondo questa impostazione, porterebbe con sé quello per le dirette (che obbligatorio in mancanza di norme interne non è) se si tratta dello stesso atto.
Ma un po’ di tempo è passato e si sta consolidando un orientamento per la verità assai meno sistematico per il quale si può scindere tra tributi armonizzati e non all’interno dello stesso atto. E’ l’impostazione adottata nella Ordinanza 31 gennaio 2019, n. 3046 della VI Sezione (Pres. Greco Rel. Napolitano).
Per la Corte vale la premessa per cui “Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24823), … hanno, infatti, posto la basilare distinzione, riguardo al tema del contraddittorio endoprocedimentale, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione europea, chiarendo che «in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”
Con riferimento al caso specifico “è pacifico che si sia trattato di c.d. accertamento a tavolino, con invito al contribuente a rendere chiarimenti sulle causali dei tre bonifici oggetto di verifica, per cui, relativamente alle imposte dirette, si esula dall’invocata applicazione dell’art. 12, comma 7 della l. n. 212/2000, mentre, relativamente all’IVA, la doglianza del contribuente ha trovato accoglimento nel merito in relazione alla ritenuta applicabilità, da parte della CTR, nella fattispecie in esame, dell’art. 7 septies, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 633/1972”.
E la sentenza di appello, che ha distinto le sorti dell’accertamento IVA rispetto a quello delle altre imposte, viene confermata.