La questione dei crediti tributari di società fallite (o in altra procedura concorsuale, nel caso specifico liquidazione coatta amministrativa) ed i relativi problemi operativi sono ben noti ai professionisti che si occupano di queste fasi.
A parte la tempistica dei rimborsi e la sua poca compatibilità con le esigenze di celerità delle procedure, infatti, ci sono altre criticità legate alle modalità operative per recuperare il credito. Modalità che prevedono la presentazione dell’ultima dichiarazione per rendere il credito certo, liquido ed esigibile. Visto che le predette tempistiche inducono spesso a cedere il credito prima della fine della procedura, per poter distribuire il netto incasso, si pone allora il problema della legittimazione del curatore (o nel caso specifico del commissario liquidatore) a chiedere il rimborso non essendo più titolare del credito, ceduto con procedura rigorosissima (le cessioni devono risultare da atto pubblico o scrittura privata autenticata a termini degli artt. 43-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 69 r.d. 18 novembre 1920, n. 2440).
Con queste premesse ed in tema di IRES, la Sezione tributaria ha rimesso alle Sezioni Unite civili, ai sensi dell’art. 374, comma 2, e 376 c.p.c., la risoluzione di alcune quesioni con Ordinanza interlocutoria depositata il 29 maggio 2020 n. 10129 (Pres. Bruschetta, Rel. D’Aquino).
Le questioni sono nell’ordine:
– se sussista la legittimazione del commissario liquidatore di una procedura di liquidazione coatta amministrativa (LCA) a chiedere il rimborso del credito IRES da eccedenza di imposta versata a titolo di acconto, liquidato all’atto della presentazione della dichiarazione dei redditi a termini dell’art. 10, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 successivamente all’archiviazione della procedura;
– se sussista la legittimazione del commissario liquidatore di una procedura di liquidazione coatta amministrativa a chiedere il rimborso del credito IRES da eccedenza di imposta versata a titolo di acconto, il cui importo sia stato acquisito dalla procedura cedente prima della predisposizione del piano di riparto finale ma sia divenuto certo, liquido ed esigibile successivamente all’archiviazione della procedura per effetto della dichiarazione presentata, anche successivamente alla suddetta archiviazione e alla cancellazione della società, quale attività meramente esecutiva, effettuata in regime di prorogatio, volta a dare attuazione alla archiviazione della procedura concorsuale.
Restiamo dunque in attesa dell’esito della vicenda giurisdizionale. Anche se va detto che forse si dovrebbe davvero intervenire normativamente, riducendo i tempi di incasso e facilitando la presentazione (anticipata rispetto alla fine della procedura) di una dichiarazione a rimborso. Soprattutto la tempistica del rimborso è importante, giacché la successione nel tempo delle situazioni giuridiche potrebbe essere (normativamente e in modo chiaro) superabile con strumenti oggi esistenti e largamente collaudati (es. Trust).
Rimane una certa perplessità per come sia oggi strutturato il rapporto d’imposta in questo strano Paese nel quale è persino difficile acquisire all’attivo di una procedura (destinato quasi sempre a reintegrare in minima parte le ragioni dei creditori) un giusto credito tributario, ed in cui la parte pubblica oppone in giudizio questioni formali, come nel caso di cui si parla, a tale legittima possibilità di acquisizione agendo come una parte privata mossa da motivazioni meramente economiche , certamente non ineccepibili sul piano morale e relativamente agli obblighi di collaborazione e buona fede ben noti.