Credito iva e mancata indicazione nella dichiarazione successiva (omessa): altra pronuncia nel solco delle Sezioni Unite.

Credito iva e mancata indicazione nella dichiarazione successiva (omessa): altra pronuncia nel solco delle Sezioni Unite.

La questione circa la possibilità di ottenere la detrazione di un credito IVA non indicato nella dichiarazione dell’anno al quale si riferisce la relativa pretesa è stata di recente decisa dalle Sezioni Unite con la sentenza n.17757/2016.

In tale importante pronuncia si è affermato il seguente principio di diritto:  “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili”.

Su questa vicenda si contano già due ordinanze della VI Sezione nell’anno da poco iniziato.

Della prima (n. 127/2017) vi avevamo riferito qualche giorno fa.

La seconda è quella del 25 gennaio 2017 n. 1962 (Pres. Iacobellis, Rel. Conti) cui si riferisce il presente breve commento.

Nel caso di specie la CTR, annullando la cartella che aveva disconosciuto il credito IVA della società contribuente in ragione della omessa presentazione della dichiarazione- Mod.Unico-, ancorchè i dati IVA fossero stati comunicati all’Ufficio sia in epoca precedente che con successiva dichiarazione integrativa del 28 febbraio 2007- ha deciso in sintonia con i principi che sono stati in seguito confermati dalle Sezioni Unite.

In pratica i Giudici regionali hanno riconosciuto la possibilità del contribuente di dimostrare comunque, nel procedimento dallo stesso promosso contro la cartella di pagamento che ha disconosciuto l’esistenza di un credito IVA, che tale pretesa era stata portata a conoscenza dell’ufficio al di fuori della dichiarazione IVA.

La Corte si sofferma poi sul tema relativo all’onere della prova che il contribuente deve assolvere per giustificare, in assenza della dichiarazione, il diritto a detrazione del credito IVA sul quale si appunta altresì una specifica censura del ricorrente Agenzia delle Entrate.

Ebbene, le S.U., nella sentenza suindicata, hanno chiarito che se il contribuente non si attiene alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall’ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione (Cass. Sez.5, n. 11168 del 2014 e n. 18924 del 2015; conf. Cass. Sez. 6-5, n. 17815 del 2015). Ovverosia il contribuente deve dimostrare che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (Cass. Sez. 5, n. 7576 del 2015). Fatto ciò l’IVA può essere dedotta legittimamente.