A volte qualche pronuncia richiama delle questioni abbastanza datate ed i relativi dubbi interpretativi. I nostri lettori ricorderanno qualche anno fa la questione dell’indetraibilità IVA sugli immobili catastalmente abitativi destinati ad attività ricettiva: anni di circolari che negavano tale diritto, di sentenze favorevoli al, fin quando la risoluzione AdE 18/E/2012, prendendo atto dei rovesci in giudizio, affermò che le spese di acquisto, manutenzione e ristrutturazione relative ai suddetti immobili sono escluse dall’indetraibilità di cui al citato articolo 19-bis1, comma 1, lettera i), del D.P.R. n. 633/1972. La risoluzione era titolata “Detrazione Iva su spese di ristrutturazione di immobili abitativi destinati ad attività d’impresa – Art. 19-bis1 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633”. Un passaggio piuttosto esplicito ed era il seguente: “Tuttavia, si ritiene che gli immobili abitativi, utilizzati dal soggetto passivo nell’ambito di un’attività di tipo ricettivo (gestione di case vacanze, affitto camere, etc.) che comporti l’effettuazione di prestazioni di servizi imponibili ad IVA, debbano essere trattati, a prescindere dalla classificazione catastale, alla stregua dei fabbricati strumentali per natura. Ne consegue che le spese di acquisto e manutenzione relative ai suddetti immobili non risentono dell’indetraibilità di cui all’art. 19-bis1, lett. i), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633”.
Ma evidentemente ancora oggi qualche caso non molto dissimile viene all’attenzione della Suprema Corte. Il caso di cui parliamo, per la verità, non è perfettamente sovrappinibile, perché non di attività ricettiva si tratta, ma di semplice locazione di immobili abitativi, pur effettuata in ambito di impresa. Questo in sintesi il tema esaminato nella Ordinanza 26 febbraio 2019, n. 5559 della Sezione Tributaria (Pres. Frasca, Rel. Triscari).
La Corte ricorda come l’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, consente all’acquirente di portare in detrazione l’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore quando si tratti di acquisto effettuato nell’esercizio dell’impresa e richiede, oltre alla qualità d’imprenditore dell’acquirente, l’inerenza del bene acquistato all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene stesso rispetto a detta specifica attività: inoltre, non introducendo una deroga ai comuni criteri in tema di onere della prova, lascia la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità a carico dell’interessato. Direttamente connessa a quanto previsto dal sopra citato art. 19 è la successiva previsione di cui all’art. 19-bis.l, comma 1, che, nell’ambito della generale previsione di detraibilità dell’Iva quando riferita a beni strumentali, tipizza una serie di fattispecie oggettive, relative a specifici beni e servizi, per le quali ricorre l’esclusione o la riduzione della detrazione, prevedendo, alla lett. i), che non è ammessa la detrazione dell’imposta relativa all’acquisto, locazione, manutenzione, recupero o gestione di fabbricati a destinazione abitativa, salvo che per le imprese che hanno ad oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati.
Le suddette previsioni normative, inerenti quindi alla materia della detrazione dell’Iva e dei limiti della stessa, comportano, unitariamente considerate, che, ove l’impresa non svolga attività di costruzione (non applicandosi quindi la deroga alla preclusione), la stessa deve provare, sulla scorta di elementi oggettivi, che l’operazione in concreto sia inerente all’esercizio effettivo dell’attività di impresa e sia destinata, almeno in prospettiva, a procurargli un lucro. Nel caso specifico la Corte rileva come si palesi un’attività di mera locazione e dunque non di impresa.
Quindi per la Corte l’affitto di immobili abitativi, anche in ambito di un’attività di impresa (la locazione era gestita da una s.a.s.) non dà diritto alla detrazione IVA. Ma se torniamo alle vecchie questioni di cui abbiamo trattato in apertura del commento, l’attività di affittacamere o di casa vacanze su immobili abitativi legittimerebbe invece la detrazione.
La coerenza di tale (apparente) dicotomia la si potrebbe in realtà trovare nell’articolo 168 della Direttiva n. 2006/112/CE, secondo cui il soggetto passivo esercita la detrazione “nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta”. E per gli immobili abitativi, se ben ricordiamo, l’unica ipotesi di imponibilità IVA sulle locazioni è il caso di affitto da impresa costruttrice (o che ha effettuato la ristrutturazione) a soggetti che optano per l’imponibilità iva.
Ma non pare che questa lettura sia fatta propria dalla Corte che si limita a considerare la locazione di immobili svolta da una s.a.s. non qualificabile come attività d’impresa.