La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, nella Sentenza 16 luglio 2019, n. 19002 (Pres. Cirillo, Rel. Guida) accoglie il ricorso di una società contribuente che si era vista negare dalla CTR un rimborso richiesto ai sensi dell’articolo 38 del DPR 602/73 (e ottenuto con sentenza della CTP) per non aver esperito la procedura corretta per far valere il proprio credito, ovvero quella della dichiarazione integrativa.
La Corte rammenta il radicato (e condiviso nel caso specifico) indirizzo giurisprudenziale, riaffermato anche di recente (ex multis: Cass. 15/03/2019, n. 7389; 11/05/2018, n. 11507; 30/10/2018, n. 27583; 28/11/2018, n. 30769), sulla scia dei principi espressi dalle sezioni unite (Cass. sez. un. 30/06/2016, n. 13378) che, occupandosi del tema, hanno chiarito che: «In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria. […] Il sistema appare poi equilibrato a seguito dell’inserimento del comma 8 bis, comma aggiunto dall’articolo 2 del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435 – che ha consentito al contribuente, a decorrere dall’ 1/1/2002, di correggere errori od omissioni che si risolvano in suo danno (cd. in bonam partem), apprestando per lo stesso una tutela distinta dalla domanda di rimborso e dal rimedi esperibili in sede giurisdizionale. La dichiarazione “integrativa” suddetta – per la stessa funzione alla stessa attribuita dalla norma – viene a saldarsi con la originaria dichiarazione presentata, modificando “ora per allora” il contenuto delle voci reddituali indicate. […] Il sistema normativa creatosi a seguito dell’introduzione dei commi 8 e 8 bis consente quindi di distinguere, nell’ambito dello stesso articolo 2, i limiti e l’oggetto delle rispettive dichiarazioni integrative. […] Gli errori o omissioni in danno del contribuente possono […] essere emendati non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante. […] Il diverso campo applicativo delle norme in materia di accertamento (D.P.R. n. 600/1973, D.P.R. 322/1998) rispetto a quelle relative alla riscossione (D.P.R. 602/1973) comporta la necessaria distinzione tra la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2 comma 8 bis e il diritto al rimborso di cui all’art. 38 del dpr 602/1973. D’altra parte l’introduzione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, non è stata accompagnata da alcuna modifica dello specifico regime dei rimborsi e la stessa lettera della norma non è per nulla incompatibile con l’autonomia del suddetto regime. L’ultimo periodo del comma 8 bis, nell’affermare che “L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11), evidenzia la specificità funzionale della dichiarazione integrativa confortando, nel contempo, l’esclusiva incidenza su di essa e sui relativi effetti del termine di decadenza per essa predisposto. […] Ne consegue che ove il contribuente opti per la presentazione della istanza di rimborso di cui all’art. 38 cit., verrà introdotto un autonomo procedimento amministrativo (in cui la istanza di parte costituisce l’atto di impulso della fase iniziale) del tutto distinto dalla attività di controllo automatizzato – formale ed in rettifica – originato dalla mera presentazione della dichiarazione fiscale».
Nel caso concreto, secondo la Corte, la CTR, discostandosi dai principi giuridici appena enunciati, ha commesso un errore giuridico laddove ha disconosciuto il diritto della contribuente a chiedere il rimborso (ex art. 38, cit.) delle somme versate in eccesso, per l’annualità 2005, a titolo d’IRAP, in conseguenza della ravvisata deducibilità di costi, ed ha affermato che l’unico rimedio (astrattamente) esperibile sarebbe stato la presentazione di una dichiarazione integrativa (entro il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo).
La Corte afferma poi la regola di diritto secondo cui “l’emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (ex art. 2, comma 8-bis), che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso (ex art. 38), da proporre entro 48 mesi, nel caso d’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento (con specifico riferimento alla materia del contendere), dall’altro, diversamente da quanto afferma la Commissione, lambiscono piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti, e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso)”.