La Corte di Cassazione analizza nella sentenza 20 ottobre 2016, n. 21271 il caso di una società che non aveva dato risposta al questionario di cui all’articolo 32 del DPR 600/73. Con apposita istanza di autotutela essa aveva poi chiesto l’annullamento del carico fiscale scaturito dalla predetta mancata risposta e aveva in seguito ottenuto ragione nei due gradi di merito. In particolare nella sentenza della Commissione Regionale si era dato valore al fatto che il contribuente non avesse assunto, nella mancata risposta al questionario, un comportamento doloso.
La V Sezione della Corte (Pres. Virgilio, Rel. Cricenti) adotta nel caso specifico una interpretazione letterale della norma. Constatato che nella fattispecie ricorre pacificamente un’ipotesi di mancata risposta al questionario, disciplinata dall’art. 32, terzo e quarto comma, del DPR 600/73, e non di rifiuto di esibizione di documenti in sede di accesso (art. 53, quinto comma, DPR 633/ 72 richiamato dall’art. 33 del DPR 600/1973), si afferma che l’invio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del questionario previsto, in sede di accertamento fiscale, dall’art. 32, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare – giusta i canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni onde evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario.
Ne consegue che l’omessa o intempestiva risposta è, secondo la Corte, legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa, (Sez. 5 n. 10489 del 2014), salva la facoltà concessa al contribuente dal quarto comma del medesimo art. 32.
A specificazione di tale regola, la Corte ricorda che giurisprudenza precedente ha ritenuto che la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione purché accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, e si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost, – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco (Sez. 6 n. 11765 del 2014; Cass. n. 22126 del 2013).
Va allora sottolineata la differenza che la Sentenza evidenzia tra l’articolo 32 del DPR 600/73, quarto comma, e l’articolo 52 del DPR 633/72, quinto comma (articolo 52 richiamato dall’art. 33 del DPR 6000/73). La seconda infatti privilegia non la semplice mancata consegna dei documenti, quanto il rifiuto di esibizione (cui è assimilata la dichiarazione di non possedere i documenti richiesti).
Va tuttavia rilevato come, in relazione all’articolo 52 la dichiarazione del contribuente di non possedere i documenti richiesti (poi recuperati e depositati in sede contenziosa), non generi in giurisprudenza la stessa preclusione. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite (n. 45/2000) e a tale pronuncia si allinea tutta la giurisprudenza più recente. Per esempio la sentenza n. 16960 dell’11 agosto 2016, Id. n. 15283/2015; Id., n. 24503/2015; Id.,n. 8359/2014: Id., n. 18921/2011; Id., n. 27556/2009.
Emblematica è la sentenza n. 16536 del 2010 in cui si precisa che le disposizioni in oggetto hanno carattere eccezionale e devono trovare applicazione soltanto quando il contribuente abbia tenuto un comportamento diretto a sottrarsi all’onere probatorio, tale, quindi, da far dubitare della genuinità dei documenti esibiti soltanto in un secondo momento, in sede contenziosa. Tale sentenza è richiamata nella n. 8539 del 2014 la quale fa anche riferimento, per confermarne le conclusioni, all’articolo 10 dello Statuto del Contribuente (principio di buona fede).
E’ convincente questa differenza (se si rapporta ai principi statutari e alle norme costituzionali sull’imposizione fiscale) tra articolo 32 e articolo 33 (che rinvia al 52 del decreto IVA)? Tra la semplice mancata consegna o mancata risposta (articolo 32) cui si ricollegherebbe la sanzione di preclusione nelle fasi successive e il più definito rifiuto di esibizione (cui si assimila la dichiarazione di non possesso) senza una identica sanzione se non in caso di dolo?