La Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, prevista dal Capo III del D.Lgs. 507/1993, può essere ridotta o addirittura azzerata in alcune tassative ipotesi previste dall’articolo 62 del decreto.
Al comma 3 in particolare si legge: “Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta”.
Nella Sentenza 28 aprile 2017, n. 10548 della Quina Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Di Iasi, Rel. Carbone) si dichiara inammissibile un ricorso per cassazione prodotto su questo argomento da un Comune. Ma a parte le questioni formali vale la pena di leggere alcuni passaggi della motivazione.
Secondo la Corte l’esonero da tassazione previsto dall’art. 62, comma 3, D.Lgs. 507/1993 per le superfici di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio integra un’eccezione, i cui presupposti spetta quindi al contribuente allegare e provare (Cass. 9 marzo 2004, n. 4766; Cass. 14 gennaio 2011, n. 775; Cass. 31 luglio 2015, n. 16235). Vero altresì che l’art. 62, comma 3, d.lgs. 507/1993 attribuisce ai Comuni la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, facoltà la quale esige tuttavia uno specifico esercizio regolamentare, in difetto restando le superfici esenti da tassazione (Cass., sez. un., 30 marzo 2009, n. 7581; Cass. 13 giugno 2012, n. 9630).
Nel caso specifico vi era una riduzione del 30% prevista dal regolamento comunale in via forfetaria. Ma sempre il regolamento comunale TARSU indicava una precisa condizione della detassazione a percentuale fissa («ove risulti difficile determinare la superficie in cui si producono rifiuti speciali …»). La CTR ha affermato invece che il contribuente ha provato in quali aree si formano i rifiuti speciali, in quale modo provvede allo smaltimento diretto e di aver reso di tutto ciò edotta l’amministrazione comunale; munita di informazioni specifiche e dettagliate, quest’ultima non poteva applicare la disposizione regolamentare à forfait. La predetta affermazione dei giudici regionali è rimasta, peraltro, priva di censure. Da qui l’inammissibilità del ricorso e la condanna alle spese.