Gestione disinvolta del conto cassa come presupposto per l’accertamento analitico-induttivo

Gestione disinvolta del conto cassa come presupposto per l’accertamento analitico-induttivo

La Sentenza 20 gennaio 2017 n. 1530 della quinta sezione della Corte di Cassazione (Pres. Tirelli, Rel. Fuochi Tinarelli) afferma che una gestione evidentemente anomala del conto cassa nella contabilità aziendale possa costituire il presupposto per attivare un accertamento con metodo analitico-induttivo di cui all’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

La Corte ricorda come il conto cassa rilevi il denaro costituito dall’impresa per far fronte alle uscite immediate di denaro o per incamerare liquidità. Esso accoglie, dunque, i movimenti inerenti alle entrate e uscite di denaro contante e, fisiologicamente, presenta sempre eccedenza in dare atteso che non possono esistere, secondo le regole ragionieristiche e di contabilità, quantità negative in cassa.

L’esistenza di un conto cassa con saldo positivo, pertanto, costituisce una evenienza fisiologica Tuttavia, essendo la cassa finalizzata ad assicurare (e ricevere) pagamenti immediati di limitato importo, non è altrettanto fisiologico che il suo ammontare sia elevato e che, anzi, costituisca il vettore di flusso per rilevanti operazioni dell’impresa. Nel caso specifico nella contabilità aziendale figurava un saldo di cassa molto elevato (anche sopra i 200 mila euro) oltre ad un susseguirsi di operazioni di versamenti e rimborsi ai soci scollegate dalla gestione aziendale. Ciò a fronte di operazioni di finanziamento col sistema bancario o costituite da saldi negativi di conto corrente.

Per la Corte, sembra dunque incongruente la coesistenza di un conto cassa con ingente saldo positivo e di una contemporanea elevata negativa esposizione bancaria. L’impresa, in tal caso, vanta una grande liquidità ma, al contempo, non la usa e, per soddisfare i rapporti commerciali, ricorre al credito bancario (od ancor più, ad un mutuo passivo), fonte di costi ed oneri passivi. Il quadro appare ancora più opaco, infine, considerato che i movimenti sul conto cassa sono generici e acausali.

Si deve desumere quindi che la contabilità stessa sia da considerare complessivamente inattendibile in quanto configgente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. In tal caso si possono determinare da parte degli organi preposti all’accertamento tributario, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente.