In questi giorni alcuni organi di stampa riportano una interessante sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Bari e segnatamente la n. 2081 della 13.a Sezione depositata il 14 settembre 2016.
E’ relativa al caso di un contribuente che aveva presentato un ricorso per revocazione contro una sentenza di appello della commissione regionale, lamentando un errore di fatto risultante dai documenti prodotti in giudizio ai sensi dell’articolo 395, numero 4 del c.p.c.. Ciò con riferimento all’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento da parte dei giudici di appello. Raddoppio che non avrebbe dovuto configurarsi risultando dai documenti del giudizio che le ritenute non versate erano numericamente sotto la soglia minima che integra il reato previsto dall’articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, costituitasi in giudizio, sarebbe stata inammissibile l’introduzione del ricorso per revocazione durante la pendenza di ricorso per Cassazione.
Di opposto parere è invece la Commissione Regionale di Bari, la quale afferma che, a mente dell’art. 398 c.p.c., i due giudizi possono procedere in piena autonomia essendo diversi i presupposti: errore sul diritto o vizio di motivazione nel ricorso per cassazione, errore sul fatto nel ricorso per revocazione.
Ne consegue che:
– se la CTR è la prima a pronunciarsi, ove detta pronunzia passi in giudicato, si determina la cessazione della materia del contendere in cassazione;
– se invece la prima a pronunziarsi è la Cassazione, ove essa annulli la sentenza si determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di revocazione per difetto di interesse, mentre ove essa rigetti il ricorso si determina l’eliminazione di ogni interferenza tra i due giudizi.
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