“Il socio accomandante è privo di legittimazione – attiva e passiva – rispetto alle obbligazioni tributarie riferibili alla società in accomandita semplice, fra le quali rientra quella concernente l’IVA che non può avere effetti riflessi sul socio accomandante, a nulla poi rilevando, in punto di legittimazione attiva, la notifica dell’avviso al socio accomandante” questo il consolidato principio di diritto ribadito dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bisogni, Rel. Armone) con sentenza n. 13565 del 19 maggio 2021.
Nei fatti una contribuente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio e in riforma della sentenza di primo grado, aveva rigettato l’originario ricorso avverso un avviso di accertamento IVA e IRPEF relativo all’anno 1999. Tra i motivi del ricorso la contribuente in particolare, facendo valere la circostanza che ella rivestisse la qualità di socia accomandante di una s.a.s. con conseguente mancanza della propria legittimazione passiva a ricevere l’avviso di accertamento relativo alla società, deduceva la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2313, 2318, 2320, 2322 c.c.
La Corte, accolto il ricorso e rilevata la violazione da parte della CTR dell’art 2313 c.c., ha ribadito come tale disposizione, nello stabilire la responsabilità illimitata e solidale dei soci accomandatari per le obbligazioni sociali, ma quella dell’accomandante limitata alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l’erario, ad agire direttamente nei confronti dell’accomandante; limitandosi invece a fissare la responsabilità dell’accomandante nei confronti della società, a regolare cioè i rapporti interni alla compagine sociale. La sentenza in questione, che ha ritenuto che in capo all’accomandante la qualità di socio fosse sufficiente a fondare la sua responsabilità verso i creditori sociali, è stata dunque cassata dalla Suprema Corte: la carenza di legittimazione del socio accomandante, unico ricorrente, ha reso infatti invalido “ab origine” l’avviso di accertamento impugnato.
Vero è, come ricordato nell’occasione dai Giudici di Legittimità, che la Corte ha affermato la responsabilità diretta del socio accomandante verso l’erario o che comunque ha riconosciuto all’accomandante la qualità di contribuente (cfr. Cass. n. 2733/2014); tali pronunce, del resto sono state rese in materia di imposte sul reddito.
Come evidenziato dalla Corte, con riferimento alla responsabilità del socio accomandante occorre dunque operare la distinzione, con riferimento alle società di persone, tra obbligazioni tributarie in materia di IVA e obbligazioni tributarie che nascono dall’accertamento dei redditi d’impresa.
Sono coerenti con la regola dell’art. 5 del TUIR (cd “trasparenza”) le sentenze in materia di ILOR o di altre imposte sui redditi, che hanno affermato la responsabilità per il debito tributario direttamente anche del socio accomandante.
In materia di IVA, invece, fermo restando che la responsabilità dei soci è comunque sussidiaria rispetto a quella della società, l’obbligazione tributaria si plasma sulla struttura della responsabilità della singola società di persone. Da ciò conseguendo che: per la società in nome collettivo, tutti i soci rispondono solidalmente delle obbligazioni sociali tributarie connesse all’IVA perché l’art. 2291 c.c. prevede una responsabilità illimitata di tutti i soci; per la società in accomandita semplice invece tale responsabilità illimitata vale, in base all’art. 2213 cod. civ., solo per gli accomandatari.