La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, , con la sentenza n. 6092, depositata il 1° marzo 2019 (pres. Virgilio, rel. Catallozzi) decide, accogliendolo parzialmente, il ricorso di una importante società del settore farmaceutico.
La questione che vorremmo sottolineare riguarda il diciassettesimo motivo, col quale era stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 17, terzo comma, e 19, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e 6, ottavo comma, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, nonché del principio di neutralità dell’i.v.a., per aver la sentenza di appello ritenuto legittimo il recupero fiscale concernente l’i.v.a. per omessa autofatturazione, benché tale omissione non comportasse alcuna sottrazione all’erario.
Per la Corte il motivo è fondato perché il principio fondamentale di neutralità dell’i.v.a. esige che la detrazione dell’imposta a monte sia accordata, nonostante l’inadempimento di taluni obblighi formali, se sono soddisfatti tutti gli obblighi sostanziali, di cui le violazioni formali non impediscano la prova certa.
Quindi, “il diritto alla detrazione non può essere negato nei casi in cui, pur non avendo l’operatore nazionale applicato la procedura d’inversione contabile (reverse charge) ed in particolare avendo omesso la doppia registrazione delle fatture integrate o autofatture nei registri di cui agli artt. 23 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972, è, comunque, dimostrato, o non controverso, che gli acquisti siano fatti da un soggetto passivo i.v.a. e che le merci siano finalizzate a proprie operazioni imponibili (cfr. Cass. 9 marzo 2016, n. 4612; Cass. 14 aprile 2015, n. 7576; tra la giurisprudenza eurounitaria, Corte Giust., 11 dicembre 2014)”.
In conclusione la Commissione regionale, nell’escludere il diritto alla detrazione dell’i.v.a. in conseguenza della omessa autofatturazione, non ha fatto, per i Giudici di Legittimità, corretta applicazione dei richiamati principi. Il ricorso della contribuente sul punto viene pertanto accolto.